Santissima Trinità

Santissima Trinità
30 maggio 2021
Vangelo di Giovanni  Gv 15, 24-27
Commento di suor Simona Bisin, FMA

 

Oggi la liturgia ci conduce nella profondità del mistero di Dio. Nella festa della Santissima Trinità, la breve pericope del Vangelo di Giovanni, ci presenta il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: il Padre origine di tutto, il Figlio venuto nel mondo per rendere gloria al Padre compiendo le sue opere e lo Spirito Santo di verità che procede dal Padre, testimonia a favore del Figlio e rende possibile anche la testimonianza dei discepoli.

Il mistero più grande che ci rivela questa festa è che fin dal principio regna l’amore vicendevole, la vita l’un per l’altro: questa è la grande testimonianza che ci dona il nostro Dio, questa è la stessa testimonianza che a noi è chiesto di vivere come frutto di apertura a questo mistero d’amore, a questa circolazione di bene supremo nella quale possiamo rimanere, vivere e dimorare con la certezza di essere e di sentirci figli amati.

Mi piace ricordare come don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta, spiegava la Trinità, andando oltre le formule teologiche:

“In Dio non c’è uno più uno più uno, in Dio ogni persona vive per l’altra, perché c’è l’uno per uno per uno”. Non si tratta di mettere qualcosa in comune, ma di fare della nostra esistenza un dono senza riserve per l’altro.

Continua don Tonino “il genere umano è chiamato a vivere sulla terra ciò che le tre persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze. Che significa? Nel cielo, più persone mettono tutto in comunione sul tavolo della stessa divinità, a loro rimane intrasferibile solo l’identikit personale di ciascuna: l’essere Padre, l’essere Figlio, l’essere Spirito Santo. Sulla terra, gli uomini sono chiamati a vivere secondo questo modello trinitario: mettere tutto in comunione sul tavolo della stessa umanità, trattenendo per sé solo ciò che fa parte del proprio identikit personale.

Questa, in ultima analisi, è la pace: la convivialità delle differenze. Definizione più bella non possiamo dare… perché siamo andati a cercarla proprio nel cuore della Santissima Trinità. Le stesse parole che servono a definire il mistero principale della nostra fede, ci servono a definire l’anelito supremo del nostro impegno umano. Pace non è la semplice distruzione delle armi. Ma non è neppure l’equa distribuzione dei pani a tutti i commensali della terra. Pace è mangiare il proprio pane a tavola insieme con i fratelli. Convivialità delle differenze, appunto…

Il Signore Gesù se ci ha rivelato questo mistero, non l’ha fatto certo per complicarci le idee, ma l’ha fatto per offrirci un principio permanente di critica cui sottoporre tutta la nostra vita nelle sue espressioni personali e comunitarie, e per indicarci, nel contempo, il porto al quale attraccheremo finalmente la nostra barca.

Sicché la Trinità non è un specie teorema celeste buono per le esercitazioni accademiche dei teologi, ma è la sorgente da cui devono scaturire l’etica del contadino e il codice deontologico del medico, i doveri dei singoli e gli obblighi delle istituzioni, le leggi del mercato e le linee ispiratrici dell’economia, le ragioni che fondano l’impegno per la pace e gli orientamenti di fondo del diritto internazionale.

 La Trinità, dunque, è una storia che ci riguarda. Ed è a partire da essa che va pensata tutta l’esistenza cristiana”.

Ognuno di noi, allora, si deve sentire interpellato da questo mistero, si deve sentire dono capace di esprimere, nel suo essere e nel suo fare, l’umanità di Gesù, il volto del Padre e il respiro dello Spirito.