Pasqua di Resurrezione
4 aprile 2021
Vangelo di Giovanni 20,1-9
Commento di suor Maria Vanda Penna, FMA
Per il secondo anno viviamo la Pasqua senza potercene dare l’abbraccio segno di festa, di gioia, manifestazione di amore fatto di tenerezza…
Proprio da questo amore ferito dalla morte è stata spinta Maria di Magdala ad uscire di casa quando ancora era buio, incurante di chi avrebbe potuto incontrare, per “cercare” Gesù. Giovanni non dice, come gli altri evangelisti, che cosa andasse a fare al sepolcro. Cercava Lui, e basta. Non poteva accettare che tutto fosse finito così, in una tomba. Il suo “rabbuni” non poteva essere preda della morte.
La tradizione ha identificato Maria di Magdala nella donna che entra di soppiatto al banchetto per piangere ai piedi di Gesù, asciugarli con i capelli e cospargerli di profumo. In quel pianto si scioglie nell’amore una vita sbagliata. Gesù la accoglie, mettendo a tacere i bisbigli dei presenti e i pensieri di Simone: “Se fosse un profeta saprebbe chi è la donna che lo tocca”.
Uno così non poteva, non doveva morire.
Ed esplode l’inaudito: la tomba è vuota… Maria corre, va ad avvertire Pietro e Giovanni; corrono anche loro, ma a lei per prima si svela l’incredibile realtà. A lei, “perché ha molto amato”. Anche Giovanni, l’amico, il confidente è il primo degli apostoli a vedere e a credere. È l’amore che suscita la fede.
Tutti conosciamo il seguito del racconto. Il Vangelo di oggi si ferma al v. 9, ma noi continuiamo a seguire Maria di Magdala, così simile alla sposa del Cantico, che non si ferma davanti a nessuna difficoltà fino a quando non ha trovato il suo amore. La festa di Pasqua, infatti, nasce dall’amore ferito, ma non vinto, dall’assenza, dalla morte, dalla violenza, dall’ingiustizia…, cose tutte che non possono dire l’ultima parola. L’ultima parola è in quel MARIA pronunciato da Gesù, che orienta il cuore e i passi della donna innamorata. Finisce il pianto, la ricerca ha il suo compimento felice. “Ho trovato l’amato del mio cuore” dice la sposa del cantico. La realtà è che è stato Gesù a cercare lei, a farsi riconoscere, perché il primo è sempre Lui a volerci, a perdonarci, a cercarci, sempre Lui.
Questa è la vera Pasqua per noi: il passaggio da un modo umano di pensare Dio al modo suggerito dal Vangelo, da quell’immagine così amata da tutti noi della pecorella perduta tra i monti e ora sulle spalle sicure del pastore che se la tiene stretta, mostrando quanto per lui sia preziosa.
Chissà se questa Pasqua, dopo tanta sofferenza condivisa, dopo tanti vuoti, dopo tanto smarrimento e paure e interrogativi, riuscirà a vaccinarci contro tutto ciò che fa veramente morire, perché possa emergere ciò che di meglio Lui ha posto in noi: la forza della vita, l’amore vicendevole fatto di fraternità non repressa, il grazie a Lui per la sua e nostra vittoria sul male e sulla morte?
Quando ero bambina, in alcuni paesi dell’Astigiano c’era una tradizione fortemente evocativa: al primo squillo delle campane di Pasqua (alle dieci del mattino del sabato santo prima della riforma conciliare) gli adulti mandavano di corsa noi bambini ad abbracciare gli alberi e a lavarci gli occhi: la Risurrezione di Gesù è vita che coinvolge tutti gli elementi della natura e ci dà occhi nuovi per contemplare la meta luminosa a cui arriveremo.
Allora, BUONA PASQUA!