Le familiari conversazioni, da giugno 2019 a gennaio 2020, tra Papa Francesco e il teologo e scrittore don Luigi Maria Epicoco sono diventate un libro: SAN GIOVANNI PAOLO MAGNO.
Sulla copertina c’è una bellissima fotografia di Giovanni Paolo II che abbraccia l’allora neo Cardinal Bergoglio, il giorno in cui gli impose la berretta cardinalizia. Il tema principale del volume è la figura di san Giovanni Paolo II raccontata da Papa Francesco. Don Luigi ne ha raccolto la testimonianza e l’autorizzazione dallo stesso Francesco di renderla pubblica e nella prefazione scrive che “È un insegnamento aver permesso di frugare nel suo cuore e nella sua mente.”
Conversazioni informali tra i due autori, in cui ricordi ed episodi, vissuti in prima persona da Francesco, si alternano a considerazioni che riguardano la Chiesa universale e che sottolineano i profondi legami tra i due grandi pontificati.
SAN GIOVANNI PAOLO MAGNO rappresenta una novità di straordinaria importanza in occasione del centenario della nascita di Karol Wojtyla (18 maggio 1920). Il titolo del libro incuriosisce ed è lo stesso don Luigi a spiegare che la prima espressione che Papa Francesco ha usato per descrivere Giovanni Paolo II è stata: «È un grande», cioè “magno” in latino.
Ma ci sono altri due motivi: la lunghezza del pontificato, il magistero e le vicende storiche che ha vissuto e poi la folla che, il giorno del funerale, gridò “Santo subito”!
Nella prefazione Epicoco scrive: “Se le domande hanno, in genere, un orizzonte ampio, le risposte del Santo Padre si presentano pertinenti, sincere e incisive, e lasciano intravedere la sua sorprendente libertà interiore, coniugata con un coraggio disarmante e con un’autentica francescana semplicità.” Inoltre, spiega che lui ha semplicemente prestato la sua penna e ha cercato di mettere in dialogo Giovanni Paolo II con Francesco: infatti la maggior parte del testo raccoglie le parole dirette di Giovanni Paolo II e don Luigi ha avuto il privilegio di raccogliere le parole di Francesco: quanto c’è scritto, quindi, è opera di due grandi Papi che il teologo ha solo trascritto.
Il libro ripercorre, tramite gli scritti e le omelie del Papa polacco, la vita dell’arcivescovo di Cracovia, eletto nel 1978 dopo la repentina morte di Giovanni Paolo I.
La vita di Wojtyla viene commentata da Papa Francesco che alterna il suo vissuto con quello del Papa polacco. Francesco ricorda che la sua esperienza di vita fino all’entrata nella Compagnia di Gesù, era stata simile a quella di Wojtyla: anche lui aveva lavorato in una fabbrica. Entrambi avevano sperimentato personalmente cosa significa il lavoro fisico, duro, diventando profondamente sensibili a questi temi e alle persone che vivono quotidianamente tale esperienza. Ambedue hanno avuto incarichi di responsabilità quando erano ancora giovani: Giovanni Paolo II divenne professore all’università, vescovo ausiliare e subito dopo arcivescovo di Cracovia. Francesco diventò maestro dei novizi appena nominato sacerdote, poi rettore di un collegio e Superiore Provinciale dell’Argentina in un momento difficile per il Paese. Inoltre, c’è una sintonia totale tra i due Papi riguardo la figura del sacerdote: preghiera e annuncio della Parola sono il suo compito fondamentale e Papa Francesco sottolinea che nella linea dei suoi predecessori pensa al celibato come una grazia e non un limite.
In particolare, nel terzo capitolo viene lasciata a Giovanni Paolo II la parola sul sacerdozio tratta dal suo libro autobiografico Dono e Mistero. Le attese dell’uomo contemporaneo nei confronti del sacerdote, sacerdote ministro della misericordia, uomo a contatto con Dio, chiamato alla santità, ha cura delle anime ed è uomo della Parola: questi sono solo alcuni aspetti trattati in questo ricco capitolo.
Altre affinità tra i due Pontefici riguardano l’America Latina da cui Francesco proviene e che Giovanni Paolo II visitò più volte e la concezione sulla questione sociale, partendo dall’esperienza di lavoro, “come mezzo si santificazione, di umanizzazione della società e della storia”. Altro punto di contatto e continuità tra il Magistero di Francesco e Giovanni Paolo II è la valorizzazione della donna all’interno del vissuto ecclesiale e la profonda devozione alla Madonna, l’amore per Maria “che insegna alla Chiesa ad attraversare le notti e a fidarsi del giorno quando ancora il giorno è lontano. Solo una donna riesce a insegnarci un amore fatto di speranza.”
Misericordia e gioia sono parole che Francesco dice di aver imparato da Giovanni Paolo II e sottolinea che la maggior parte dei suoi documenti inizia con la parola gioia che è “la caratteristica più importante dell’incontro con Gesù risorto.”
La chiusura del libro è molto significativa per comprendere l’attuale Papa. Alla domanda se si sente protetto dai tre Papi che ha proclamato santi, risponde che crede di dar loro molto lavoro e penseranno: “Questo ragazzo si mette troppo nei guai.” Soprattutto Paolo VI che lui ama tanto “forse sogna per me un po’ più di prudenza… ma mi sento accompagnato e protetto dal loro grande esempio e dalla loro immensa testimonianza di fronte alla quale io mi sento davvero piccolissimo, semplicemente un peccatore perdonato.”
Che aggiungere d’altro?
Buona lettura…