Domenica delle Palme
28 marzo 2021
Vangelo di Giovanni 12,12-16
Commento di suor Giulia Calvino, FMA
Anche quest’anno nessuna processione, nessun agitare di rami di ulivo o delle belle palme intrecciate, tipiche dell’impegno e della precisione degli artigiani della mia terra.
Anche quest’anno, però, abbiamo una certezza, quella di sempre (che è l’unica importante!): sta per accadere un fatto straordinario. Ci stiamo preparando all’esplosione della Vita, dopo che avremo vissuto, con cuore colmo di dolore, il passaggio della morte.
Ci introduciamo nella Settimana autentica, quella che tra tutte è la più santa e solenne, in cui riviviamo il mistero di umiliazione e glorificazione racchiuso nella Pasqua di Gesù, alzando il sipario su una delle scene più struggenti e significative che il vangelo di Giovanni ci presenta in questi tempi: affacciati alla casa di Betania, siamo spettatori di una gesto che ha del paradossale: “Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli”. Con quel suo profumo vuole dirgli che il Messia, che significa unto, il profumato, il portatore del buon profumo della vita, di una vita che sia profumo, è lui.
I farisei presenti, inorriditi, assistono allo sperpero sui piedi di Gesù di una quantità tale da inebriare persino le pareti della casa, diremmo noi “industriale”, di profumo costosissimo, un sciupìo accompagnato per di più dall’uso dei capelli della donna come mezzo per asciugarne quanto era in eccesso. Non resta loro altro da fare se non criticare la donna che, secondo loro, di quei denari spesi per il profumo avrebbe potuto fare una offerta consistente per una organizzazione di solidarietà. Ne fanno, insomma, una questione di soldi.
Gesù a difesa della donna e del suo gesto, dice con decisione: “Lasciatela fare”. È come se dicesse di non incasellarla nel loro modo di fare, nella rigidità dei loro pensieri e della loro precettistica. Non è la sola volta che Gesù ripete nel vangelo questo comando a lasciar fare, a non asfissiare la gente, a non spegnerne la spontaneità, l’immaginazione, l’invenzione, a non imbalsamare la vita, i sentimenti, il cuore.
Forse anche noi, di fronte a gesti di gratuità, dettati da un cuore libero e pronto ad accorgersi dei bisogni degli altri, di fronte ad un’impostazione di vita differente dalla nostra potremmo essere tentati di giudicarlo sbagliato, mal indirizzato, addirittura sprecato. Forse la mentalità del calcolo e del tornaconto, del “do ut des” marca a tratti anche il nostro vivere. Forse. Pensiamoci su.
Anche in noi c’è da rompere il vaso che trattiene il profumo, qualcosa che trattiene o blocca l’espandersi del “buon profumo di Cristo”: un pregiudizio, una resistenza alla novità, un ripiegarci su noi stessi…
Oggi, però, mi piace pensare in termini di umanità, in termini di relazioni familiari e amicali, a quanti ogni giorno hanno sparso e continuano a spargere stille concrete di profumo: medici, infermieri, coloro che portano la spesa nelle case, che puliscono le strade, docenti impegnati nella DAD, tutti gli altri che ci permettono di continuare a vivere, pur nella precarietà del cambio di colori delle zone, con dignità e in sicurezza, sopportando la fatica, ma senza un istante di esitazione.
Possiamo guardare e riconoscere la bellezza dei gesti di chi non pensa ad essere in salvo e/o a posto, ma si indirizza verso il bene comune. Sono quei gesti che vanno visti e rinforzati, se veramente vogliamo che all’indomani di questo periodo, che sembra interminabile, le cose veramente cambino in meglio.
Allora credo che ciascuno di noi nelle proprie case, nei propri ambiti, debba sapersi piegare sull’altro come stanno facendo le persone che ci stanno aiutando, debba sentirsi “famiglia allargata”, debba rimanere immune alle recriminazioni. Il profumo che si espanderà non sarà forse costoso, ma lascerà una scia di benevolenza e di attenzione sincera e premurosa. Ditemi se è poco.