Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – Anno B
31 gennaio 2021
Vangelo di Luca 2, 41-52
Commento di suor Giulia Calvino, FMA
Leggendo il brano del Vangelo immaginavo la scena di Giuseppe e Maria che, preoccupati e ansiosi, stanno cercando Gesù, che avevano perso a Gerusalemme. Al suo ritrovamento le accorate parole di Maria sono di una dolcezza infinita, dolcezza che solo una madre può mascherare, mettendo in primo piano il padre: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
La risposta di Gesù alla madre appare dura, ed è facile rimanere stupiti davanti a queste parole pronunciate alla madre da un figlio appena dodicenne. Il Messia, rispondendo alla madre che lo rimprovera per aver causato angoscia innanzitutto a suo padre, poi anche a lei, parla per la prima volta. Le sue parole, tradotte letteralmente, suonano così: «Non sapevate che io devo essere nelle cose del Padre mio?».
Non è che Gesù si debba occupare delle cose di Dio, lui deve esserci dentro. Allora queste parole ci dicono qualcosa in più: delle cose del Padre, che alla luce della rivelazione coincidono con il comandamento dell’amore, non ci si deve occupare. L’amare, in altre parole, non può e non deve essere una preoccupazione, bensì un modo d’essere. Occorre aprirsi all’amore del Padre e lasciarlo agire. Non c’è nessun male interiore od esteriore che non possa venir illuminato dalla luce di questo amore. Nella risposta che Gesù dà ai suoi genitori sta tutta la bellezza di questo brano: lui ci fa sapere che è sempre al suo posto e che per cercarlo non dobbiamo affannarci tanto: è sufficiente desiderarlo e amarlo.
Alla sua risposta segue il silenzio della Madre, che «colloca ogni singolo elemento, ogni parola, ogni fatto all’interno del tutto e lo conserva in cuore, riconoscendo che tutto proviene dalla volontà di Dio, […] sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi, li elabora, li discerne, e acquisisce quella comprensione che solo la fede può garantire. È l’umiltà profonda della fede obbediente di Maria, che accoglie in sé anche ciò che non comprende dell’agire di Dio, lasciando che sia Dio ad aprirle la mente e il cuore» (Benedetto XVI, Udienza generale, 19/12/2012).
Ispirandoci ai genitori di Gesù possiamo considerarci anche noi facenti parte di un disegno d’amore e, allo stesso tempo, cercatori di Dio. Così come Giuseppe e Maria hanno accettato coraggiosamente di entrare a far parte di un mistero più grande di loro, anche noi dovremmo accettare di entrare sempre di più a far parte del Progetto di Dio su di noi e cercare di darvi compimento.
Questo brano può diventare un bellissimo testo di riflessione sui metodi educativi e sulle aspettative che i genitori hanno verso i figli. Essere genitori vuol dire essere chiamati ad aiutare i figli a scoprire e vivere la volontà di Dio proponendo i valori fondamentali della vita alle nuove generazioni, educandole nella libertà, nella responsabilità e nella fedeltà, mostrandosi coerenti con ciò che si propone.
Non vuol dire appoggiare sulle loro spalle il peso di realizzazioni e di traguardi che rispecchiano soltanto la linea di un successo sognato e mai raggiunto: «Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti. L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore, affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane. Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo». (Kahlil Gibran)
Anche se la famiglia resta comunque la prima palestra di vita, ogni adulto è educatore, maestro, modello agli occhi di un ragazzo. Oggi non posso sorvolare la festa del nostro amatissimo padre Don Bosco: lui è stato essenzialmente un educatore, un formatore che propone ideali, traccia progetti di vita con sapienza e buonsenso, commisurandoli alla realtà di ogni giovane e al concreto ambiente in cui egli può crescere e maturare. L’educazione è sempre stata per lui un costante investimento di pensiero, di azione e di preghiera, perché nulla rimanesse intentato, ma tutto venisse considerato con oculatezza e senso critico, convinto com’era che la persona si realizza nell’amore e, perciò, deve essere educata all’amore.
Ci aiuti oggi e sempre a porre in primo piano «le cose del Padre», quelle che scaturiscono da un cuore aperto al Bene e capace di donare accoglienza e benevolenza sempre, perché affidato all’Amore fedele.