4^ Domenica Tempo Ordinario – Anno B

4^ Domenica Tempo Ordinario – Anno B
31 gennaio 2021
Vangelo di Marco 1, 21-28
Commento di suor Michela Consolandi, FMA

 

Il Vangelo di questa IV domenica del Tempo Ordinario ci presenta Gesù che, dopo la chiamata dei primi discepoli sul mare di Galilea, entra, di sabato, nella sinagoga di Cafarnao per insegnare.
Le sue parole suscitano lo stupore degli ascoltatori, a causa dell’autorità del suo insegnamento. All’annuncio, segue la liberazione di un uomo da uno spirito impuro e la dichiarazione circa l’identità di Gesù (“Io so chi tu sei, il Figlio di Dio”), che egli ordina di non diffondere. La parola e i gesti del Maestro provocano nell’uditorio la domanda centrale che accompagna la prima parte del Vangelo di Marco: “Chi è costui?”; in poco tempo, la sua fama si diffonde in tutta la regione della Galilea.

Questo brano, che ad una prima lettura può apparire un po’ enigmatico, nasconde una ricchezza di particolari che meritano grande attenzione e soprattutto ci aiutano a conoscere alcuni importanti aspetti del Figlio di Dio. Prima di tutto, Gesù percorre le strade annunciando e guarendo: parola e azione in Lui si susseguono senza soluzione di continuità. Ed entrambe le azioni non lasciano indifferenti i presenti; viene infatti sottolineato come essi “erano stupiti del suo insegnamento; egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi”.
La parola di Gesù suscita stupore, novità. È interessante notare come il suo insegnamento venga confrontato, per negazione, con quello degli scribi, quasi a sottolineare quell’istinto soprannaturale (o “sensus fidei”) con il quale il popolo riconosce la presenza di Dio, talvolta senza riuscire a definirla, ma solo comparandola con la realtà umana conosciuta. Credo sia un’esperienza che, almeno una volta, ha segnato la vita di ciascuno di noi: si tratta di quei momenti nei quali abbiamo percepito la scintilla del divino nella Parola ascoltata, in una presenza in una situazione particolare, nella contemplazione del creato… momenti che riconosciamo essere stati “diversi dagli altri” e che sono rimasti impressi in noi.

La parola di Gesù, infatti, “apre immediatamente l’accesso al volere del Padre e alla verità di se stessi”. Gli scribi, invece, “dovevano sforzarsi di interpretare le Sacre Scritture con innumerevoli riflessioni” (Benedetto XVI). Dunque, Gesù attrae perché conduce l’uomo alla verità e, dunque, alla libertà.

All’efficacia della parola, segue la liberazione di un uomo posseduto. È interessante notare le parole che lo spirito impuro rivolge a Gesù: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. Al rifiuto di una presenza segue la dichiarazione circa la sua identità; sembra un controsenso, ma è molto significativo: lo spirito, pur conoscendo che Gesù è il santo di Dio, cela ogni possibilità di relazione con lui. Riconosce ma non accoglie. Il peccato dunque, non nasce solo nel momento in cui Dio viene misconosciuto, ma anche quando non si è disposti ad accogliere la sua Parola e a farsi cambiare la vita da essa.

Un ultimo passaggio riguarda quello che viene chiamato il “segreto messianico” di Gesù: Egli impone allo spirito il silenzio circa la sua identità (“Taci, esci da lui!”). Il diavolo, infatti, cerca di dirottare verso la logica di un Messia potente e glorioso, che attrae grazie alla forza di segni straordinari, mentre Gesù sa che per salvare l’uomo egli dovrà “soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9,22).

Torna nuovamente la tentazione di costruirsi l’immagine di un dio potente e pieno di successo, che scaccia il male con la forza e la punizione; Gesù, invece, è venuto a mostrarci la sola forza che Dio sceglie di usare: quella dell’amore fino alla fine, fino a dare la vita.