Di Annalisa Teggi
Elif si è aggrappata con un dito al vigile del fuoco e non l’ha più mollato. Salva anche Idil di 14 anni. Dopo 91 ore sotto le macerie, Ayda di 4 anni ha chiesto polpette e yogurt.
Sono salite a 100 le vittime e quasi a mille i feriti, dopo il terremoto di magnitudo 7 registrato venerdì scorso nel Mar Egeo. Mentre il resto d’Europa e del mondo erano alle prese con la gestione di nuovo allarmante della pandemia, Grecia e Turchia sono state tragicamente colpite da questo disastro tellurico.
Un terremoto molto forte, seguito da uno tsunami con correnti forti, onde alte un metro e inondazioni che si sono estese per circa 200 metri in città e nelle case: queste le conseguenze del sisma di magnitudo 7.0 avvenuto alle 12.51 italiane con epicentro in mare nel Dodecaneso, a Nord dell’isola greca di Samos e vicino alle coste turche. Una zona non nuova a eventi del genere, visto che sono numerose le faglie lì attive. (da Ansa)
Scosse e tsunami
L’epicentro in mare ha subito fatto scattare l’allarme tsunami. Già dopo 8 minuti dal terremoto il Centro Allerta Tsunami dell’Ingv ha diramato un’allerta di livello rosso per alcune regioni costiere di Grecia e Turchia; alle 14 circa è arrivato il messaggio di conferma dello tsunami, osservato dal mareografo di Syros.
A tre giorni dal sisma l’osservatorio sismologico turco continua a registrare scosse di assestamento, sono 1500 ad ora quelle di magnitudo superiore a 4.
Le prime due vittime segnalate in Grecia sono stati due ragazzi di 16 e 17 anni. Sulla costa turca Smirne è stata una delle città più colpite e le ricerche di vittime e sopravvissuti continuano in 8 dei 20 edifici crollati. Tra l’incalzare di dati sempre più cupi, anche segni di speranza: una madre e i suoi 4 figli sono stati estratti dalle macerie della loro casa, a 22 ore dalla prima scossa.
Si è parlato anche di «diplomazia del sisma» perché la tragedia ha avvicinato due paesi storicamente rivali e giunti ai ferri corti proprio di recente in merito ai confini marittimi (per non citare la drammatica questione ancora aperta dei profughi siriani spinti dalla Turchia verso la Grecia). C’è stata una telefonata tra il capo della diplomazia greca, Nikos Dendias e il collega turco, Mevlut Cavusoglu. I due si sarebbero assicurati solidarietà e aiuto reciproco.
Elif, Idil, Ayda: 3 miracoli
Altrettanto sconcertante in mezzo alla devastazione è registrare eventi in cui la mano della Provvidenza è tangibile. Nelle ultime ore si sono succedute 3 ottime notizie, quasi incredibili: 3 bimbe estratte vive dalle macerie a più di 3 giorni dal sisma.
Una bimba di appena 3 anni di nome Elif, è stata miracolosamente estratta viva e solo leggermente ferita dalle macerie della sua casa, a 65 ore dal sisma che ha colpito il mar Egeo. In salvo anche la quattordicenne Idil Sirin, estratta dalle macerie dopo essere rimasta intrappolata per 58 ore
(da Rai News)
Sotto le macerie la ragazza più grande ha vissuto un’esperienza terribile. Accanto a lei è morto il fratello, raccontano le fonti turche:
İdil Şirin è stata estratta viva 58 ore dopo il terremoto da ciò che resta dell’appartamento Emrah a İzmir Bayraklı. Il corpo senza vita del fratello di İdil İpek Şirin è stato trovato sotto le macerie. Si è appreso che le prime parole di İdil sono state “Mio zio nei vigili del fuoco è morto”.
(da Ray Haber)
A queste due bambine, si è aggiunta stamattina Ayda, di 4 anni, estratta viva a Smirne dopo ben 91 ore dal terremoto:
Il sindaco della città turca Tunc Soyer ha commentato così la bella notizia su Twitter: “Abbiamo assistito a un miracolo della 91esima ora”. I soccorritori hanno tirato fuori viva Ayda, di quattro anni. Mentre veniva portata di corsa in ospedale, la bambina ha chiesto polpette e yogurt.
(da RaiNews)
Sono in tutto 106 le persone tratte in salvo dal lavoro instancabile dei soccorritori, ma le storie di queste piccole sopravvissute hanno diffuso un fascio di luce e speranza immenso.
Il dito di Elif
La notizia di Elif, la prima messa in salvo di queste tre bimbe, ha fatto il giro del mondo. Nelle foto la si vede immobile nella barella con una mano che stringe il dito del vigile del fuoco che l’ha salvata, Muammer Çelik. Si è letteralmente aggrappata a lui e non si è più staccata. Attorno la concitazione dei soccorritori e degli altri vigili, al centro questo legame piccolo e fortissimo che l’ha strappata alla morte.
Le ultime immagini della piccola di appena 3 anni la mostrano in ospedale con un bambola tra le braccia mentre sorride e saluta. Sul volto i segni chiari della sofferenza patita. I membri dell’ospedale la terranno ancora in osservazione ma pare non abbia riportato gravi lesioni. Anche il resto della famiglia era insieme a lei sotto la casa crollata, non tutti si sono salvati:
La madre Seher Dereli Perinçek e i suoi tre figli, rimasti tra le macerie dell’appartamento Doğanlar, sono stati estratti un giorno dopo il terremoto, suo figlio Umut Perinçek di 7 anni ha perso la vita e il lavoro è stato accelerato per raggiungere l’altra figlia Elif Perinçek.
(da Ray Haber)
Elif è stata l’ultima, dunque, a uscire dall’incubo. 65 ore di angoscia e agonia, superate aggrappandosi a un dito. Associamo la forza e la vittoria a dimensioni colossali, invece la realtà ci educa a guardare il dito di un vigile del fuoco, divenuto il centro di gravità di una speranza cocciuta. Allora forse ci verrà da cambiare quel modo di dire, salvo per un pelo. «Salvo per un dito» è più onesto, noi ci mettiamo il nostro poco ma quel nonnulla è un punto solido e opposto alla cieca forza della natura.
Fonte: Aleteia