Di Andrea Miccichè
Credo in Dio. Credo che la natura di Dio è amore;
credo che nell’amore l’uomo esiste, è sostenuto da Dio, è salvato da Dio.
(Edith Stein)
Abbiamo percorso la Quaresima accompagnati dalle virtù cristiane, ora, nella gioia della Pasqua, raggiungiamo la meta, che è la Carità. L’apostolo Paolo, nel suo inno, la definisce come virtù che non avrà mai fine, perché, mentre tutte le altre ci sostengono nel cammino verso Dio, la Carità è la partecipazione stessa al mistero di Dio.
Nella luce della Resurrezione, percepiamo che il male non ha l’ultima parola, anzi, proprio nell’abisso di male, si è rivelata la salvezza.
Il cristiano non ha paura del male, per questo può amare senza limiti, superando la misura della giustizia umana e spingendosi a donare la propria vita per il nemico: si fa prossimo di tutti, fratello di tutti, riconoscendo che non c’è alcun escluso, tutti siamo figli dello stesso Padre.
In questa professione di fede, santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, martire nella furia nazista, mette in luce come la Carità si esprima nell’amore per Dio e nell’amore per il prossimo, senza che l’uno possa disgiungersi dall’altro: difatti, senza l’amore per il prossimo, il rapporto con Dio è vuoto devozionismo, quasi superstizione, mentre, senza l’amore per Dio, il rapporto con il prossimo è sterile filantropia, che mendica gratitudine.
La Carità autentica si sperimenta nella sequela, avendo il Signore come modello e guida: in lui che ha cercato la pecora smarrita, in lui che ha lavato i piedi ai discepoli, compresi Giuda e Pietro, in lui che ha accettato la vergogna della croce, in lui che sul Golgota ha pregato per i suoi assassini, in lui che è disceso negli inferi per salvare Adamo, troviamo la Grazia di andare incontro al fratello, pronti a portare il “dolce profumo di Cristo” (2Cor 2,15).
E ciò è testimoniato non solo dalle parole, ma soprattutto dagli ultimi istanti di Edith Stein, che, mettendosi al servizio dei i compagni di prigionia, divenne il segno che chi ama ha già superato la morte e può trasmettere il gusto per un’umanità rinnovata a immagine del Signore.
Il cammino verso Dio è viaggio di Carità, le cui tappe sono scandite dalle opere di misericordia verso i fratelli: come ha affermato Giovanni Paolo I in quello splendido “testamento spirituale” che è stata l’Udienza Generale del 27 settembre 1978, “Amare Dio è pure un viaggio: Dio lo vuole sempre più intenso e perfetto. Ha detto a tutti i suoi: «Voi siete la luce del mondo, il sale della terra»; «siate perfetti com’è perfetto il vostro Padre celeste». Ciò significa […] non fermarsi al punto in cui si è arrivati, ma col Suo aiuto, progredire nell’amore”.
“Con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze”: queste coordinate della nostra personalità, l’affettività, l’intelletto e la volontà, possono essere trasfigurate dalla gratuità e diventare strumenti di comunione totale e incondizionata, piena di frutti di vita nuova.
È l’anticipazione della Resurrezione, anzi, è la prova della Resurrezione nel quotidiano!