Di sr Cristiana Maria Dobner
Notre-Dame, abbiamo ancora tutti davanti a noi il rogo che ha incendiato la cattedrale di Parigi e, in un certo senso, il centro sia della religiosità sia dell’identità civile dei francesi. Le fiamme divorano e distruggono.
Pensavo alla fatica delle generazioni che, fin dal XII secolo, hanno contribuito a creare quel capolavoro che non può non attrarre anche la persona non credente. Pensavo alla catena orante che si è susseguita negli anni, alle conversioni che quei muri potrebbero narrare qualora avessero voce. Pensavo alla precarietà della vita e delle sue creazioni: in pochi minuti tutto è andato in fumo. Rimane della magnifica chiesa la Croce, l’altare centrale e la sua struttura. Tutto, proprio tutto, sarà ricostruito.
Se Maria, Nostra Signora, veglia su di noi, come e perché accadono simili disastri?
La nostra fede, la nostra religiosità, non viene scossa e bruciata insieme alle fiamme divoratrici? Qui si tocca non solo il perno della fede ma anche il punto nevralgico, quello che sussulta e duole. Sentirsi abbandonati e provati talvolta è una sensazione che corrisponde ad una realtà oggettiva.
Il passo allora può conoscere due direzioni: farla finita con la fede e ogni desiderio di comunione con Dio oppure alzare lo sguardo e chiedere l’aiuto alla Madre che ci accompagni in un percorso irto e difficile, nonché doloroso.
Scoprire la vicinanza di Lei, donna e madre, in questi momenti allenta la tenaglia che stringe fino ad urlare. Rende lo sguardo limpido che può attraversare ogni sventura sapendo che la condizione umana comporta ostacoli, frane e calamità ma che è salvata e redenta. La Madre non cambia la realtà: la cattedrale è andata in fiamme, bruciata e tale rimane. Cambia il nostro sguardo, il nostro atteggiamento, accettiamo i nostri limiti e tentiamo di ricollocarli, di chiederci quali siano le nostre responsabilità.
Possiamo, se ci lasciamo accompagnare, scoprire come donarci, quali strade di condivisione aprire e ripercorrere. La vera simpatia, intesa in senso etimologico, il patire insieme, diventa forza comune, coesione, comunione di intenti e di sforzi. Se guardiamo a Lei, alla realtà della sua vita, tutto può esservi ricondotto, purificato, possiamo ritrovare l’entusiasmo, la capacità di reagire, di ri-costruire e di sfidare tutto quanto ci avversa.
Il nostro quotidiano è bersagliato da incendi, magari invisibili. Pur sempre episodi che lasciano ustioni o segni.
Il nostro sguardo apprenderà a forare quanto avviene o anche precipita sul nostro presente e affidarsi, non con l’ingenuità superficiale di chi è ricco di verbosità ma con la certezza messa alla prova che la Madre tutto ricomporrà. E al meglio. Quante volte ci ha anche precedute? Quante volte ha evitato per noi alcune trappole? Persone o momenti reali che ci hanno tratto d’impiccio senza che noi ce ne avvedessimo mentre in realtà erano mosse da Lei perché vegliava su di noi.