di Andrea Miccichè
Virtù cristiane: perle di saggezza dentro sassi di miniera
Muoviamo i primi passi nell’itinerario quaresimale, alla ricerca del senso profondo del nostro essere cristiani: come viandanti nel deserto verso la meta pasquale, facciamo esperienza che, solo tornando all’essenziale, è possibile procedere sicuri e spediti.
Il deserto è un luogo particolare perché mette alla prova i nostri sensi: ad ogni tappa è necessario chiedersi se ci si trovi di fronte ad un’oasi o ad un miraggio…
Per un attimo, cambiamo immagine, pensiamo ad una miniera: tra cunicoli stretti, tortuosi, bui, si cercano pietre preziose; tra i bagliori che ogni tanto si intravedono, si nasconde vero oro oppure vile pirite?
Le voci arrivano confuse, difficile è trovare la strada del ritorno; si rischia la vita…
Ecco la vita di fede: un rischio che impone una scelta!
E per scegliere è necessario discernere e agire con coerenza: andare a tentoni non produrrà alcun risultato.
La Quaresima, dunque, è il tempo favorevole per alzarsi dal vuoto o dal buio, per intraprendere il cammino.
La strada è già stata tracciata da Cristo e punta verso la Pasqua.
Le orme altro non sono che le virtù: che parola strana, antiquata, esigente…
Essere virtuosi vuol dire acquisire un’abitudine, una costante conformazione al bene: virtù è, perciò, una parola “stretta”, un po’ come la porta stretta, di cui parlava Gesù, necessaria per entrare nel Regno dei Cieli.
In un’epoca in cui ognuno può ritagliarsi la propria verità, il proprio spazio nel mondo, dimenticandosi di ogni limite, schiavo di una gioia momentanea, il cristianesimo presenta una via opposta: è l’uomo che, de-limitandosi, diventa veramente libero e varca orizzonti nuovi.
È picconando il duro sasso della fatica, che si trova la pietra preziosa.
Il titolo di questa nuova rubrica si ispira alla canzone di Simone Cristicchi Abbi cura di me: le virtù cristiane, cardinali e teologali, in un primo momento, si impongono sulla nostra umanità fragile come duri sassi: quanto è difficile essere prudenti, praticare la giustizia, credere, vivere la perfetta carità?
Eppure, proprio nell’istante in cui prendiamo coscienza della pochezza delle nostre forze, acquistiamo una saggezza di vita che non può essere scalfita.
La virtù è l’incontro fecondo tra l’esercizio dell’uomo e la Grazia di Dio: sono un’incarnazione dell’infinito Amore.
A testimonianza di ciò, il nostro itinerario non sarà solo un alzare gli occhi verso le vette, piuttosto, sarà un dialogo tra quanto vi è di puramente umano (arte, letteratura, musica, humor…) e la riflessione della Chiesa, per scoprire che vita cristiana presuppone l’autentica maturità umana e che la perfezione umana può essere raggiunta solo alla luce delle virtù cristiane.
A tutti noi, viandanti nel deserto e scopritori di perle, l’augurio di entrare nella radicalità evangelica, affinché, abbandonando tutto ciò che è di peso, progrediamo verso il Mistero della Pasqua!
Dentro il sasso dell’humor, la virtù della prudenza
“Alle persone piene di sé, preferisco le persone piene di se” (Flavio Oreglio)
Ammetto di aver trovato per caso, nel grande oceano di Internet, quest’aforisma, arguto e sferzante, incorniciato in una vignetta di Snoopy.
E mi sono chiesto: può l’humor tradurre la prudenza, definita dagli antichi auriga virtutum, colei che guidava, come su un carro o una biga, le altre virtù?
Poi, ricordando che nell’Antico Testamento è scritto che “il linguaggio dolce aumenta la dottrina” (Pr 16, 21), ho pensato che proprio dalla leggerezza può cominciare il nostro percorso.
Essere prudenti vuol dire sapersi mettere in discussione: invece di lanciarsi a tutta velocità contro un burrone, pur di inseguire le proprie certezze, è sicuramente meglio aver un pizzico d’umiltà per arrestarsi in tempo.
A questo primo livello di umano buonsenso, se ne sovrappone un altro: Sant’Agostino affermava che “la prudenza è un amore che sceglie con intelligenza le cose che giovano in mezzo a quelle che potrebbero nuocere”.
Viene in gioco l’amore, cioè la tensione verso il bene, ma come discernere il vero dal falso bene?
Se seguissimo solo l’istinto, quanti errori faremmo? Anzi, quanti errori facciamo!
La prudenza è proiezione in avanti: quali sono le conseguenze delle nostre azioni?
O meglio, stiamo compiendo la volontà di Dio nella nostra vita?
È attraverso la prudenza che corrispondiamo alla continua chiamata d’Amore: tra le voci che assillano le nostre giornate, possiamo scorgere l’unica Voce.
Ma come acquisire questa virtù?
San Tommaso d’Aquino, parafrasando Aristotele, diceva che la virtù è un habitus, un vestito che caratterizza la persona. Perciò, per essere prudenti bisogna mettersi alla prova per discernere le situazioni e sapere rintracciare i segni di bene.
Ecco, dunque, l’importanza dei “se”, dei punti interrogativi che incrinano le certezze e aprono al dubbio e al confronto.
Torna utile ripensare la virtù come virtù umoristica: San Tommaso Moro pregava, chiedendo a Dio il “senso del buonumore”, per non rimanere amareggiato quando fosse messo in crisi il proprio “io”.
Lasciamoci interrogare dall’umorismo della nostra quotidianità: tra situazioni paradossali, forse, si nasconde la vera sapienza!