di Suor Elisa Molinari
“Mi piace pensare che le stelle di Lampedusa siano lì per proteggere le migliaia di bambini che ogni giorno devono affrontare viaggi disperati come quello di Anila”.
Le stelle di Lampedusa sono lì, come la Porta d’Europa dell’artista Mimmo Paladino descritta all’inizio del libro, testimoni senza spazio e senza tempo di tante storie di speranza e di sofferenza delle migliaia di persone che intraprendono ogni giorno disperate rotte verso la salvezza. Le stelle contrastano le tenebre, le tenebre che il medico Pietro Bartolo caccia dentro di sé nel suo lavoro quotidiano e instancabile, visitando corpi martoriati dalle violenze e dagli stenti di viaggi al limite della sopportazione umana e facendo la ricognizione di tanti, troppi cadaveri; le tenebre del dolore indicibile che si portano dentro gli scampati al viaggio, che passano lunghe giornate, mesi, anche anni, per capire la loro destinazione o per ricongiungersi a un parente, sperando in una sorte migliore di quella da cui sono fuggiti.
Tante vicende raccontate con la minuzia di un medico, ma anche con i colori della passione di un uomo che non dorme sonni tranquilli finché non ha fatto tutto il possibile per salvare vite e ridonare speranza.
Il cuore del libro è quella di Anila, una bambina dolcissima e spaventata della Nigeria che aveva affrontato quel lungo viaggio completamente da sola alla ricerca della mamma che si trovava in una non ben definita “Europa”. Commovente e rocambolesco – lo lasciamo alla vostra lettura – il modo in cui il Dottor Pietro riesce a rintracciare Carla, la mamma della bambina, vittima di un’agghiacciante storia famigliare, e in quel momento vittima della rete di prostituzione.
Le pagine scorrono d’un fiato e ti ritrovi subito alla fine con dentro… un po’ di tenebre e un po’ di stelle.
Di tenebre perché sono storie che trapassano l’anima: sembra impossibile che le persone possano arrivare a subire tanto, ma sai che quello che viene raccontato è la cruda realtà. Di stelle per la gente meravigliosa – come Pietro, Monique, Luisa, Suor Teresa, Suor Letizia e tanti altri – che sa incrociare gli occhi rassegnati e quasi vitrei di queste persone disperate – che chiamiamo in tanti modi: “migranti”, “rifugiati”, “extracomunitari”, “richiedenti asilo” – con il coraggio e la caparbietà di forzare i tempi lunghi e disarmanti della burocrazia (scrivendo addirittura a Mattarella e a Papa Francesco) per far rifiorire vite umane preziose e uniche come lo sono quelle di tutti noi.