Di Chiara Tintori
“Buon anno! Buon anno!” Quante volte in questi giorni abbiamo ripetuto e ascoltato queste parole.
L’augurio perché il 2019 sia un anno buono porta con sé desideri profondi e autentici; primo fra tutti quello della pace tra le nazioni, nelle relazioni sociali e politiche, nelle famiglie e in comunità.
Di quanta pace c’è bisogno oggi!
Eppure l’anno che si è appena aperto potrà portarci pace, solo se noi per primi ci saremo pacificati con noi stessi, e tra coloro con cui condividiamo la quotidianità; se torneremo ad abitare noi stessi con coraggio e ad agire responsabilmente per coltivare relazioni buone.
Se noi per primi sapremo essere operatori di pace, allora avremo un gran bel da fare a pacificare il 2019, a portare riconciliazione tra persone e gruppi.
Nel consueto messaggio per la Giornata Mondiale per la pace del primo gennaio, Papa Francesco ci ricorda che persino la politica, quella “buona” è a servizio della pace, mentre “la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie […]. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”.
In una recente intervista il card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, ha affermato che: “L’Italia non sta bene; non è in pace con se stessa, geme”.
Ecco, anche per questo il 2019 avrà bisogno che ciascuno si impegni per pacificare le relazioni, per evitare oppressioni, ingiustizie ed emarginazioni.
Un antidoto possibile a chi agita paure e promette miracoli è pacificare ogni giornata, ogni dialogo, ogni azione; perché si possa vivere “per” e non “contro”, perché la fiducia superi il rancore.