Di Marco Pappalardo
Le disgrazie, soprattutto quando ci colpiscono da vicino, ci destano ed interpellano, e qualche volta ci fanno guardare anche oltre il nostro piccolo mondo, poiché come la gioia il dolore accomuna.
Sono giorni tristi in Italia per le alluvioni che hanno toccato pesantemente il Paese con tutte le conseguenze, ma non lo erano di meno solo qualche settimana prima in un’altra parte del nostro pianeta ferito. Il pianto, specialmente per i tanti morti e poi pure per le perdite dei beni essenziali, è oggi un pianto collettivo e non può non esserlo.
Allo stesso modo dovrebbe essere comunitaria la voglia di riscatto e di impegno per ciò che si può ricostruire, per quanto si deve prevenire, per chi ha bisogno di consolazione. Non è non è il momento dello scarico delle responsabilità, né del fatalismo! Si cercheranno i colpevoli e le cause, si analizzeranno i fatti, ci saranno stati di emergenza e di calamità, si spegneranno a breve i riflettori in attesa del prossimo evento, della nuova allerta meteo. Può bastare questa triste routine? C’è una via per mettere in campo nuove risorse? Considerati ovviamente gli aspetti politici, quelli economici e gli interventi strutturali, mi pare che la più importante forma di azione preventiva sia quella in campo educativo sui temi della salvaguardia del creato e quindi della cura della casa comune.
Noi adulti abbiamo già causato i danni che vediamo, possiamo metterci a mala pena una pezza e la cronaca ce lo dimostra, tuttavia teniamo l’asso nella manica ancora: formare bambini, ragazzi e giovani e recuperare credibilità con la testimonianza di vita!
Nelle scuole dei vari ordini ci sono le poche ore di Geografia o di Scienze della Terra e qualche progetto sull’ambiente, all’università si considerano – erroneamente – già formati. E nel mondo ecclesiale chi ci pensa? Qual è lo spazio che i cammini di catechesi o di gruppo offrono a questi temi? Quanto ci si ferma a riflettere e a pregare nei cammini associativi e dei movimenti?
Qualcuno dirà che ci sono gli scout, certo, e dove non ci sono? E tutti gli altri?
Nei miei ricordi di un tempo ed odierni la questione viene fuori ecclesialmente solo quando si parla di San Francesco e dei passi della Genesi relativi alla creazione, nulla di più. Una spinta straordinaria avrebbe voluto, dovuto e potuto darla la “Laudato sii” di Papa Francesco; sarebbe bello sapere la ricaduta locale e particolare dell’enciclica, a distanza ed esclusi i soliti convegni, conferenze, dibattiti. Il testo è molto impegnativo e certo non letto dai ragazzi e dai giovani (salvo poche eccezioni), ma ci sta tenuto conto che è un’enciclica; non ci sta invece l’eventuale mancanza di “traduzioni”, “semplificazioni”, “adattamenti”, “riduzioni” per arrivare fino a loro.
Tra i tentativi costanti di avvicinamento, per citarne qualcuno sottomano, c’è quello delle riviste salesiane “Mondo Erre” e “Dimensioni Nuove” con rubriche ad hoc, nonché il recente sussidio tematico “Mani in pasta” del Coordinamento degli Oratori della Diocesi di Acireale.
Dunque, con la speranza nel cuore, riparto da Papa Francesco: «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi. Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta».