Le limitazioni proposte nel nuovo contratto scuola in discussione, viste dal prof Luigi Rutigliani.
Sono un docente con un profilo Facebook pubblico, liberamente aperto anche ai miei studenti. Ho sempre creduto di svolgere il lavoro di insegnante con “etica e buon senso” e ora, ascoltando le parole del Ministro della Istruzione, mi sento confuso se non addirittura messo sotto “accusa”. Di fronte alla incapacità di formare, selezionare, gestire e responsabilizzare i docenti, li si minaccia. Vietare Facebook è il più becero intervento di facciata.
Controllare e garantire che i docenti siano dei buoni educatori, che rispettino gli allievi e che svolgano il proprio delicato ruolo educativo con “etica e buon senso”, è ben altro, ma occorre dare il “contentino” mediatico ai genitori spaventati che leggono certe notizie.
Ci si dimentica di una cosa: io non “faccio” il docente, io “SONO” un docente. E quando “sei”, non lo sei ad “ore”. Lo sei sempre. 24 ore su 24. 365 giorni all’anno e persino quando andrai in pensione.
Quando esci dall’aula, quei ragazzi sono ancora i tuoi ragazzi: se li incontri nei corridoi, per strada, al mare o in montagna, durante un viaggio in giro per il mondo, restano sempre i tuoi ragazzi. Sei felice di rivederli e spesso, ti commuovi anche.
Ho tanti allievi che mi chiamano e mi salutano con entusiasmo e io faccio altrettanto e quasi sempre, se il tempo lo concede, offro una colazione, un caffè, una pizza, ci mettiamo attorno ad un tavolino in un bar con una birretta a scambiar due parole…
Allora mi autodenuncio: per quelle volte che ho offerto ad una intera classe la pizzata di fine anno; per quelle volte che abbiamo fatto colazione insieme; per quelle volte che abbiamo fatto partite di calcetto (sì, anche con le ragazze!!); per quelle volte che mi avete invitato a cena e io ho accettato con gioia; per quelle volte che in pigiama, in piena notte, sono entrato nelle vostre stanze durante le gite a “controllarvi”; per quelle volte che ti ho portato di notte, in taxi, in giro per Praga alla ricerca di un Pronto Soccorso, per quelle volte che in preda ad una crisi con i genitori o con il ragazzo/a, sono venuto a trovarti; quelle volte che mi hai chiamato alle 1.30 di notte perché disperato e ubriaco e abbandonato dagli amici per strada; per quelle volte che mi hai scritto fiumi di parole perché avevi bisogno di qualcuno che ti ascoltasse; per quella volta che ti ho ospitato per qualche ora quando eri scappato di casa; per quella volta che ti ho accompagnato in farmacia per prendere il test di gravidanza e aiutato a dire ai tuoi genitori che eri incinta… senza dimenticare gli inviti a casa mia da sette anni a questa parte per le grigliate di fine maturità e i diffusissimi abbracci donati e ricevuti nei momenti di gioia e soprattutto di difficoltà e dolore che abbiamo condiviso.
Ho sempre aiutato a comprendere che esiste il “confine” che differenzia i ruoli, distinguendoli da quei confini che invece “separano”, quei confini che fanno sentire “estranea ed insignificante” una persona nei confronti di un’altra.
Se sei insegnante, la vita di ogni ragazzo che hai incontrato, ti appartiene per sempre e se un allievo ti chiama, non si riesce a rispondere: “il contratto di lavoro lo vieta”, “sono fuori orario di scuola per cui non posso incontrarti”, “attendi dopo le vacanze”…
La mia gioia più grande è quando ad un allievo “scappa” un TU anziché un lei perché senti in quel TU, non mancanza di rispetto e prepotenza ma “confidenza”. Sì, confidenza!
Perché confidenza non è “approfittarsi o prendersi gioco dell’altro” ma l’apice e meta di ogni percorso e relazione umana: Con-fidarsi è “fidarsi insieme”, fidarsi l’uno dell’altro, sapere che, pur nella distinzione dei ruoli, ci si può affidare l’uno all’altro.
Che bellezza per chi ci arriva.
Luigi Rutigliani