don Marco Gasparini
Le Ceneri hanno una pedagogia ben precisa. Apparentemente questa manciata di polvere – creata dai rami di ulivo avanzati la domenica delle Palme dell’anno scorso e poi bruciati – è un segno di morte e di finitudine, in realtà svela la possibilità di un nuovo inizio.
Infatti la parola d’ordine «conversione» – che scandirà i prossimi quaranta giorni – ci dice che l’uomo vecchio, quello che purtroppo continua a essere dentro di noi, deve cedere il passo all’uomo nuovo. Così Dio vuole distruggere tutto ciò che in noi sa di peccato, di stantìo, di malsano, di anti evangelico, per renderci più simili a Cristo, capaci di spendere la vita per amore.
La Quaresima, allora, non è un tempo di costrizione o di sofferenza. È un tempo di preparazione seria alla Pasqua, questo sì, ma non triste. Stando così le cose, è più importante quello che Dio vuole fare per noi che non quello che noi possiamo fare per lui, è più centrale la grazia che l’ascetica, sebbene l’una non escluda l’altra.
Proprio da ciò nascono quegli impegni che Gesù ci consegna.
La preghiera, innanzitutto.
Pregare apre il cuore a Dio affinché nella comunione con Lui riusciamo a scoprire che cosa di bello riserva la sua vita per la nostra. Saper trovare del tempo per dare fiato a questa sorta di amicizia è possibile facendo un po’ di silenzio con il Vangelo sotto gli occhi oppure andando a Messa (oltre la Domenica) una volta durante la settimana, o magari andandoci a confessare più spesso. Anche prendere in mano il Rosario non è poi così male.
Un altro impegno è quello del digiuno e dell’astinenza,
che ci aiutano a trovare dentro la nostra vita (sempre piena di tutto) ciò che veramente conta. I giorni di digiuno sono oggi, mercoledì delle Ceneri, e il venerdì santo, quando la Chiesa ci chiede di fare a meno di uno dei due pasti principali per dare il corrispettivo ai poveri. L’astinenza, poi – per tutti i venerdì di Quaresima – ci chiede di rinunciare a qualcosa che ci piacerebbe mangiare, o comperare, o vedere per educarci alla sobrietà, a una vita più semplice ed essenziale.
Il terzo impegno è quello dell’elemosina,
che diventa il frutto del digiuno e gli dà significato. Potrebbe essere l’offerta del nostro tempo, o di ciò che possediamo o di ciò a cui abbiamo rinunciato per fare il bene di qualcun altro – magari povero – ed educarci, così, a una vita generosa, sempre disponibile all’aiuto fraterno.
Che non sia possibile anche per noi far nascere qualcosa di nuovo dalle ceneri delle nostre miserie e dei nostri peccati?
Gli impegni quaresimali sono un metodo formidabile. Fare tutto non è un criterio saggio, anche se possibile.
Uno o due impegni, invece – vissuti con tenacia – sono un ottimo proposito.