2 febbraio – Giornata della Vita Consacrata

Nel nostro contesto attuale che, noi donne, osserviamo con occhio critico, perplesso e, talvolta preoccupato, esistono delle realtà che ci richiamino a mutare lo sguardo e a guardare in modo diverso noi stesse, la nostra relazione con gli altri, la costruzione quotidiana del nostro cammino? Se così non fosse saremmo già precipitate nel baratro, in quel luogo dove tutto si confonde nel buio e non concede scampo.

La donna che vive la sua testimonianza di consacrazione al Signore, oggi genera scompiglio, sguardi sarcastici e increduli.

Come? Perché? In fin dei conti non è uno sciupio che ricade dannosamente sulla persona stessa e sulla società? Se dovessimo stilare un elenco di priorità di “azione”, credo che occuperemmo fogli su fogli e, sgomente, non sapremmo dove dirigerci. Tutto deve muovere da un altro punto di partenza.

Dovremmo avere chiaro un limpido pensiero di A. Neher:

Forse, la prossima primavera, il pane uscirà da questo solco. Forse, verranno invece la siccità e la grandine, e può darsi che la primavera prossima non ci sarà che putredine e morte. Che importa! Che importa dal momento che l’atto si compie. L’essenziale non è nel raccolto, l’essenziale è nella semina, nel rischio, nelle lacrime. La speranza non è nel riso e nella pienezza. La speranza è nelle lacrime, nel rischio e nel loro silenzio.

Ogni “azione”, ogni intervento per poter comunicare amore, deve partire dall’amore e dalla speranza.
Non sono buone e lodevoli parole che lasciano il tempo che trovano, sono realtà da scolpire con forza nella nostra storia. Troppo spesso giochiamo a nascondino con noi stesse ed evitiamo quanto, in un modo o nell’altra, ci crea difficoltà. Facciamo nostro il pensiero del poeta Charles Péguy e …impariamo a vivere proprio così:

Ma la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce.
Me stesso.
Questo è stupefacente.

Dovremmo, ogni giorno, chiederci dove e quando ho fatto stupire Dio?

Che quei poveri figli vedano come vanno le cose e che credano
che andrà meglio domattina.
Che vedano come vanno le cose oggi e che credano che andrà
meglio domattina.
Questo è stupefacente ed è proprio la più grande meraviglia
della nostra grazia.
E io stesso ne sono stupito.
E bisogna che la mia grazia sia in effetti di una forza incredibile.
E che sgorghi da una fonte e come un fiume inesauribile.
Da quella prima volta che sgorgò e da sempre che sgorga.

Quel vigore interiore che fa superare ogni scoglio, ogni inciampo e sappia sostare e abbeverarsi a quell’acqua che è la comunione amorosa con Dio Trinità.

Perché le mie tre virtù, dice Dio.
Le tre virtù mie creature.
Sono esse stesse come le mie altre creature.
Della razza degli uomini.
La Fede è una Sposa fedele.
La Carità è una Madre.

In quanto a fedeltà spesso facciamo cilecca, per la carità, se va bene, la madre è arcigna… Dove sbattere la testa?

La Speranza è una bambina da nulla.
Che è venuta al mondo il giorno di Natale dell’anno scorso.
Che gioca ancora con babbo Gennaio.
Eppure è questa bambina che traverserà i mondi.
Questa bambina da nulla.
Lei sola, portando le altre, che traverserà i mondi compiuti.

Non è infantile questa bambina, forse è fragile ma…

Come la stella ha guidato i tre re fin dal fondo dell’Oriente.
Verso la culla di mio figlio.
Così una fiamma tremante.
Lei sola guiderà le Virtù e i Mondi.

Spaventata magari ma con una capacità celata:

Una fiamma bucherà delle tenebre eterne…
La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi
e non si nota neanche…

Se camminassimo così, ardenti per la fiamma, in ogni tenebra odierna?

Suor Cristiana Maria Dobner
carmelitana di Concenedo di Barzio (LC)