Un romanzo che esplora i temi fondamentali dell’esistenza, l’identità, la memoria, la perdita. Che racconta la fragilità dei rapporti umani.
Così il Washington post ha caratterizzato La distanza tra le stelle, esordio editoriale di Lily Brooks Dalton. Devo dire che sono d’accordo con questa analisi, tra l’altro il libro mi è piaciuto.
Sono due storie parallele che vengono raccontate, come spesso accade, in un’alternanza di capitoli.
Augustine è un astronomo che ha dedicato la sua vita allo studio delle stelle, osserva il cielo e vorrebbe perdersi, o ritrovarsi, tra i suoi segreti. Sully ha sacrificato la sua famiglia per diventare astronauta, osserva la terra dallo spazio e vorrebbe ritrovare la via di casa. Il primo è confinato nell’antartico canadese, solo, per scelta.
Sully torna a casa dopo essere stato il primo essere umano ad aver raggiunto Giove insieme al suo equipaggio.
Le loro solitudini vengono accentuate dalle cessate comunicazioni con il resto dell’umanità. L’infanzia infelice di entrambi e la mancanza di amore e attenzione li accomuna. La distanza siderale li divide. Verrà colmata da un grido di speranza, un filo invisibile spezzerà la solitudine dell’etere. Le debolezze della psiche umana, afflitta dalla paura dell’ignoto e consumata dalla meccanica della sopravvivenza, verranno sopite e sconfitte quando riscopriranno il vero significato della vita e della speranza.
Individuando la vera fonte delle loro paure, che da sempre li attanagliava, quel meraviglioso sentimento che chiamiamo Amore.