di Andrea Navarin
Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento (Marco 13,33)
Attenzione è una parola solitamente stampata sui pacchi che trasportano cose delicate, negli avvisi che vogliono metterci in guardia, nei segnali stradali che anticipano un pericolo. Qui però non si tratta di una minaccia; semmai è un richiamo a prendere coscienza che siamo in prossimità di un incrocio di strade: quella di Dio e quella di ciascuno di noi.
Quando due strade si toccano, ecco aprirsi nuove possibilità, anche l’inversione di marcia, che poi è l’altro nome della conversione.
Qui entra in gioco tutta la nostra storia, perché il passato è una questione di memoria, il futuro è una questione di speranza e il presente è questione di fare attenzione, di dare attenzione, di risvegliare l’attenzione. Memoria, attenzione e speranza sono le tre virtù che l’uomo contemporaneo dovrebbe allenare ogni giorno!
L’Avvento è il tempo dell’attesa, o meglio dell’attenzione: l’attesa senza attenzione è perdere tempo e l’attenzione senza attesa è cadere in una anestesia dell’anima che ci taglia da noi stessi. Un sonno che favorisce gli incidenti e i rimpianti, mentre Dio è sempre una sorpresa, come ha detto papa Francesco, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro.
L‘Avvento è un bricco di caffè spirituale per rimanere svegli ed è fatto per quanti vogliono stare attenti, cioè per gli amanti folli, gente pienamente cosciente che i segni sono sempre piccoli e che per accorgersi di loro ci si deve rivestire dell’esplosione viva e vivificante del desiderio di un incontro.
L’Avvento è opportunità per ridare senso vero e pieno al Natale, al Dio che pone la sua tenda in mezzo all’umanità ora, qui, oggi. Anche noi ci attrezziamo ad aspettarlo perché nulla nella nostra vita è a caso e tutto può essere casa, accoglienza che riscalda il cuore e trasforma l’anima.
E quindi mi chiedo… come mi propongo di vivere l’Avvento? Quale attenzione in particolare dovrei coltivare?
Cosa in concreto potrebbe servirmi per gettare i panni inutili delle facili emozioni natalizie e diventare un cristiano sveglio, che vigila sulle tracce lasciate da Dio nella mia quotidianità?
O Signore, che continuamente ci inciti a star svegli, a scrutare l’aurora, a tenere i calzari, fa’ che non ci appisoliamo sui nostri divani, tra le molli braccia in cui ci dondola questo mondo, ma siamo attenti a percepire il mormorio della tua voce, che continuamente passa tra le fronde della vita a portare frescura e novità. Fa’ che la nostra sonnolenza non diventi giaciglio di morte e, se necessario, scuotici perché impariamo a ripartire sempre.
da 180 battiti di Luce – Officina contemplATTIVA