La parabola del Padre Misericordioso è tornata di spaventosa attualità, ecco quale potrebbe essere il titolo della Correctio filialis de haeresibus propagatis (Correzione filiale riguardo alle eresie propagate), il documento firmato da 62 professori e sacerdoti, in cui si denunciano gli errori – anzi le eresie – di Papa Francesco, diffuse essenzialmente tramite l’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia.
Perché, dunque, richiamare la parabola del Vangelo di Luca?
Come tutti ricordano, l’unico scontento di tutto il racconto è quel figlio maggiore, che rinfaccia al Padre il servizio svolto con dedizione e gratuitamente, e, in un certo senso, è invidioso del trattamento riservato al fratello peccatore.
Una porzione della Chiesa è scontenta della Misericordia, annunciata dal Santo Padre, per quanti, avendo riconosciuto il proprio peccato, chiedono la Grazia.
Una Grazia che è diretta al compimento della Volontà di Dio, espressa in modo chiaro nella Parola di Gesù: “Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”.
Come è stato ampiamente affermato dai due Sinodi sulla famiglia e recepito dal Santo Padre, il vincolo coniugale è e resta indissolubile: su questo non possono esserci dubbi.
Tuttavia, le situazioni attuali richiedono un maggiore approfondimento, dato che il numero di casi particolari è in costante crescita, tanto che in alcuni Paesi la famiglia unita è più un’eccezione che la norma.
Come potrà la Chiesa rivolgersi a costoro? La chiusura netta e il rifiuto non sono le soluzioni e, nonostante i firmatari della Correctio sembrino sostenere ciò, il magistero costante non ha mai disgiunto la regola generale dall’attenzione al caso singolo.
Il peccato di adulterio, infatti, comporta non solo una rottura di un vincolo indissolubile, ma apre a nuove unioni (che, si ribadisce, Amoris Laetitia non giustifica), possibilmente con figli, rendendo difficile, se non impossibile, un completo ripristino della legittimità matrimoniale.
Far ricadere il peccato dei padri sui figli è inammissibile, così come marchiare in modo indelebile il peccatore: è una questione di giustizia, prima ancora che di misericordia.
Lo stesso Giovanni Paolo II, considerato dai tradizionalisti il baluardo della morale coniugale, chiedeva un profondo discernimento, distinguendo le responsabilità di ciascuno (in alcune situazioni, il giudizio di imputabilità è particolarmente delicato), unito alla cura pastorale dei singoli.
Cura pastorale che, purtroppo, non è stata sempre efficace: Papa Francesco, nel segno della collegialità, ha scelto di intraprendere una strada di confronto per trovare la corretta declinazione della Verità nella Carità.
I firmatari della Correctio, saltando – forse con malizia – questi passaggi fondamentali, attaccano i risultati dell’opera sinodale: secondo loro tutto si risolve in uno slogan Comunione per tutti!
Ciò è profondamente falso: il Papa chiede alla comunità cristiana di offrire strumenti di conversione, che riportino i fedeli con situazioni non conformi alla vocazione matrimoniale sulla via di Cristo.
Ciò vorrà dire, in ultima analisi, portarli gradualmente a interrompere la relazione more uxorio con il nuovo compagno/compagna: se ciò non potrà avvenire con una totale separazione (classico è l’esempio dei figli), quantomeno i due riconosceranno di non poter condurre insieme una vita che si possa definire matrimoniale.
La regola rimane, ma le modalità per giungere all’obbedienza sono tracciate secondo una pedagogia nuova, idonea a educare le persone all’autodominio e alla consapevolezza della sacralità del proprio corpo.
Ritornando alla parabola del Padre Misericordioso, possiamo contemplare questo Dio che non accusa il figlio che torna, ma lo riveste della precedente dignità.
Ricordiamo che questo figlio è tornato sporco, con le vesti lacerate, povero, segnato dall’esperienza di peccato: allo stesso modo, quanti vivono una situazione di divorzio sperimentano già le conseguenze dannose del loro comportamento e, quando chiedono di tornare a Dio, hanno bisogno di chi – con fermezza e carità – li guidi verso la piena comunione.
Non sta a noi giudicare: è lo stesso peccato che imprime la sofferenza!
Letta nella continuità evangelica, l’Amoris Laetitia acquista un significato di profonda attuazione del magistero consolidato e non c’è motivo di dubitare della sua ortodossia.
Il fatto che questo Papa sia scomodo ai progressisti e ai conservatori è la miglior prova della sua fedeltà:
come sosteneva don Bosco, vissuto in un’epoca segnata dalla persecuzione contro il Santo Padre (il Beato Pio IX fu oggetto di aspre critiche all’interno e all’esterno della Chiesa), la nave della comunità cristiana, pur nella tempesta, ha il solido appoggio presso le colonne dell’Eucaristia e della Vergine.
Pertanto, è nostro compito non condannare, ma pregare per quanti si stanno ponendo volontariamente contro Papa Francesco, accusandolo di uno dei più gravi peccati contro Dio, affinché il loro eccessivo zelo non si trasformi in superbia, ma, purificato da ogni traccia di rancore, diventi uno slancio per la missionarietà.