C’è chi crede che la scuola debba essere un luogo asettico e in cui mettere da parte i sentimenti, e spesso è convinzione di alcuni che vi lavorano.
Non solo; nelle ultime settimane “dall’alto” arrivano proposte, tra l’ufficiale e l’ufficioso, che variano dal taglio degli anni per le secondarie all’aumento dell’età dell’obbligo, dall’Erasmus per tutti ai vaccini obbligatori, dal bonus per i docenti allo scovare gli imboscati. Insomma, nulla che abbia a che fare con il fatto che studenti, docenti, dirigenti, personale Ata, genitori sono persone con storie originali, vicende belle e dolorose da portare, sogni e progetti da realizzare, preoccupazioni e speranze per il presente ed il futuro.
Eppure, in queste ore basterebbe che “dall’alto” si visitassero le scuole come dei “boss in incognito”, senza pompa magna, per rendersi conto di ciò che significano davvero i primi giorni di un nuovo anno scolastico e quanto la vita vera, carne e sangue, lacrime e sorrisi, baci ed abbracci, c’entri pienamente con l’istituzione e non possa essere separata. Non è una visione romantica e allegra questa, né un modo per annacquare lo studio, l’impegno, la didattica, bensì è una lettura della realtà che punta sull’umanità di ciascuno, sul desiderio di conoscenza, sulla costruzione di una sana relazione educativa, amicale e professionale.
“Non si conosce se non ciò che si ama”!
Vale per le amicizie e gli amori, vale nell’arte di imparare: più amiamo qualcosa, più la conosciamo, così come più conosciamo qualcosa, più l’amiamo.
Molti studenti non s’impegnano a studiare scolasticamente la lingua inglese, tuttavia la parlano e la capiscono grazie alla musica che ascoltano e amano; altri studenti non comprendono la matematica finché non trovano un docente tanto appassionato della materia da fargliela piacere ed imparare; diversi studenti superano le difficoltà nello studio non solo applicandosi di più, dedicando più tempo, facendo ore ed ore di lezioni private, ma perché hanno trovato un motivo più grande per cui studiare o un compagno stimolante o un insegnante che li ha valorizzati.
Questa prospettiva non offende, né mette in secondo piano le discipline ed i loro contenuti, anzi si fonda proprio sul fatto che essi sono frutto della fatica e della dedizione di donne e uomini di ogni latitudine e longitudine, che hanno camminato su questa Terra, lottato per essa e persino dato la vita in tanti casi, hanno versato lacrime e sudore sui libri, nei laboratori, nelle biblioteche, sul campo, per lasciare un segno visibile e duraturo ai posteri; donne e uomini, non automi o robot, con una vita, una famiglia, delle amicizie, degli amori, forti e fragili, consapevoli e dubbiosi, poveri e ricchi, schiavi e liberi, credenti e non credenti; donne e uomini, come lo siamo noi adesso, a cui viene affidata un’eredità preziosa da studiare, insegnare, imparare, il cui valore non sta in un burocratico e legalista testamento da aprire, ma nella passione con cui essa è stata costruita e consegnata.