Titolo Originale: Star Wars: The Force Awakens
Regia: J.J. Abrams
Cast: Harrison Ford, Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam Driver, Daisy Ridley, John Boyega, Jason Isaacs, Lupita Nyong’o, Andy Serkis e Max Von Sydow
Casa di Produzione: Lucasfilm (Walt Disney Pictures)
Target: PreAdo+
[La recensione contiene SPOILER!!]
“C’è stato un risveglio. Lo hai percepito?”
Premetto che non sono mai stato un grande fan di Star Wars prima di questo film ma, per quanto neofita io possa essere, credo di avere qualcosa da dire su questo spettacolare Episodio VII.
Va da sé che io consideri Il Risveglio della Forza il miglior film di Star Wars senza se e senza ma. Più fresco, veloce, completo, innovativo e nostalgico allo stesso tempo, certamente arricchito anche dal “doppio cast” formato di nuove, giovani star e di habitué della galassia lontana lontana.
Il primo plus di questo settimo capitolo sta nel suo personaggio principale: Rey.
Rey è senza alcun dubbio il mio personaggio preferito dell’universo di Star Wars, nonostante sia (almeno per ora) decisamente meno iconica di altri, quali Yoda o Darth Vader.
Il suo è sin da subito un personaggio “a tutto tondo”, un’eroina perfettamente caratterizzata e moderna, in parte figlia, ma mai schiava, della corrente Hollywoodiana del girl-power. Ma non solo: la sua figura, tanto adulta quanto bambina, è inoltre la perfetta sintesi del trio originale di protagonisti. Ha infatti l’intraprendenza di Han (oltre al Millenium Falcon e Chewie lasciati “in eredità”), il coraggio di Leia e la Forza da Jedi di Luke.
Rimane soltanto un dubbio riguardo a lei: chi è? Come mai è così potente nella Forza, come mai la spada laser appartenuta a Luke, e prima di lui ad Anakin Skywalker, l’ha “cercata”?
Internet pullula di teorie riguardanti il suo lignaggio: la figlia di Luke, di Obi-Wan Kenobi, o addirittura dell’Imperatore Palpatine.
La teoria che trovo più calzante (date tutta una serie di prove che facilmente potrete reperire in rete — gran parte desunta dalla sequenza della visione indotta dalla spada laser) è che Rey sia in qualche modo imparentata con il Maestro Jedi Obi-Wan Kenobi. Per un discorso d’età, più probabilmente la nipote, anziché la figlia.
Finn è un ottimo comprimario, è a volte ingenuo ma profondamente buono e sincero.
Spesso gli vengono messe in bocca battute tipicamente “disneyane”, ma la cosa funziona molto bene per stemperare la tensione di alcune scene.
Poe Dameron è il nuovo Han Solo, anche se per ora resta senza dubbio il personaggio meno incisivo del nuovo trio di protagonisti.
Alquanto interessante è invece la figura di Kylo Ren a.k.a. Ben Solo.
Il suo villain non è nemmeno lontanamente paragonabile a Darth Vader, anche se cerca di emularlo in ogni modo. E qui è il suo primo punto di forza: Ren è un personaggio che “scimmiotta” volutamente l’epico villain, senza mai apparire come un errore di sceneggiatura, ma piuttosto come una scelta meditata e dunque da comprendere al meglio da parte dello spettatore.
I suoi scatti d’ira, la sua instabilità e la sua enorme paura di “non diventare mai potente quanto Darth Vader” (come giustamente gli fa notare Rey) lo aiutano a cercare di tenere nascosto quel lato buono che sua madre Leia sa essere ancora presente in lui.
Una figura tormentata che si libera (?) attraverso la Freudiana uccisione del padre Han Solo, nel momento più ambizioso messo in scena da J.J. Abrams nel film.
I personaggi di contorno (senza tener conto del tenerissimo BB-8) Maz Kanata (c’era davvero bisogno di ingaggiare un’attrice del calibro di Lupita Nyong’o?!), il Leader Supremo Snoke e Capitan Phasma hanno un ottimo potenziale, ma hanno certamente bisogno di un maggiore sviluppo.
Mi ha sorpreso la brutalità con cui viene rappresentato il Primo Ordine: la scena iniziale del massacro di Jakku è piuttosto intensa (soprattutto per essere un film – in fondo – targato Disney) e lascia poco all’immaginazione.
Altre scene di questo calibro sono l’esplosione del Sistema Solare di Hosnian e la visione di Rey, sequenza certamente dark ma molto interessante e farcita di dettagli e Easter Egg (a partire dalla presenza delle voci di entrambi gli Obi-Wan Kenobi cinematografici, Ewan McGregor e Alec Guinness).
Altra scena degna di essere menzionata è il finale: sequenza strepitosa, muta e piena di pathos.
Nota a margine: l’ultima frase del film è “La Forza sia con te” detta dalla Leia della compianta Carrie Fisher. Tocco di classe.
Plauso scontato ma meritatissimo alla colonna sonora del grande John Williams, che mantiene un perfetto equilibrio tra nuovi temi (ad esempio Rey’s Theme) e riarrangiamenti di temi storici della saga (The Jedi Step and Finale).
Ho trovato brillante l’idea di ribaltare alcune dinamiche presenti nella trilogia originale, quali il governo (da “cattivo” a buono) e la Luce che insidia il Lato Oscuro nella figura di Kylo Ren e non il contrario (come fu invece nella figura di Darth Vader).
J.J. Abrams guarda al materiale originale della saga con un giusto timore reverenziale, e tratta i personaggi iconici con i guanti, fino al necessario quanto sofferto addio ad Han Solo: il regista ha sentito il bisogno di uccidere (simbolicamente?) il passato per potersi sentire libero di creare il futuro.
Ci sono altre due emozionanti scene che nascondono un significato simbolico, a mio parere.
La prima è l’incastro delle due parti della mappa per trovare Luke Skywalker. Il droide “nuovo”, BB-8, incontra il droide “leggendario”, R2-D2, e inserisce il suo piccolo ma fondamentale pezzo di mappa all’interno della grande ma incompleta mappa custodita per anni dal vecchio droide.
La metafora è semplice: il “nuovo” Star Wars è un minuscolo pezzo dell’universo creato da George Lucas anni fa, ma che si incastra perfettamente nella sua mitologia. Allo stesso tempo, rimane un tassello fondamentale per capire l’interezza del disegno, che altrimenti rimarrebbe in qualche modo, seppur ricco, incompleto.
La seconda è l’abbraccio tra Leia e Rey, una sorta di tacito passaggio del testimone tra le due figure femminili del franchise.
J.J. Abrams aveva un compito tutt’altro che semplice, ma è riuscito a portarlo a termine con il giusto “equilibrio” (parola-chiave in Star Wars!), confezionando un prodotto di grande effetto, in grado persino di far appassionare persone (come me) che ancora non si erano affezionate all’universo di Star Wars.
Perché scegliere questo film in oratorio?
Star Wars è da sempre la saga sulla famiglia, e questo episodio non fa eccezione. Molto interessante, da questo punto di vista, è la figura di Kylo Ren. Commentare le sue decisioni e scelte (tendenzialmente in negativo) può far nascere spunti di riflessioni interessanti soprattutto su quel sentimento tipico pre-adolescenziale di prevalsa sulla figura genitoriale.
A questo proposito, confrontare la sua posizione con quella di Rey, invece, sempre tendente alla ricerca della sua famiglia, potrebbe generare un dibattito interessante (magari anche da farsi dividendo i ragazzi in due gruppi…).
La figura di Rey offre, d’altro canto, spunti per quel che riguarda la forza d’animo e la fede. La sua determinazione e la fede quasi cieca nella Forza (facilmente trasformabile in sede di riflessione nella fede in Dio) sono la sua carta vincente.