Ricordate Luca Russo?
Ve ne parlai tempo fa perché usci con un bellissimo thriller, “Il rancore non dimentica”, oggi è tornato con un nuovo romanzo: Vattene, io resto.
Innanzitutto devo fargli i complimenti perché ha sfornato un altro bel libro, e non era facile.
Luca oltreché essere un bravo autore è diventato anche un mio grande amico e sa che nella critica io sono sempre sincero. Gli dissi che dopo la sua prima opera, geniale per trama e stesura, non sarebbe stato facile ripetersi. Soprattutto non sarebbe stato facile farlo cambiando letteralmente genere narrativo. Quanti autori bravi lo fanno? Se ci pensate sono pochissimi, ognuno eccelle nel proprio filone e difficilmente rischia un altra strada. La Rowling ci provo’ con esiti molto discutibili e sotto pseudonimo, come King. Questa mia disamina non vuole essere una sviolinata ad un amico perché non è nel mio carattere. Tra l’altro leggendolo poi converrete con me che è una buona storia.
Inizialmente sembra un po’ banale, scene di vita quotidiana minate da un amore finito e dalla presenza di un lui terzo incomodo. Proseguendo la lettura, accompagnerete il protagonista in un viaggio interiore e reale alla ricerca di quel coraggio che spesso l’apatia e la paura di sofferenza ci negano. Perché, come dice bene l’autore, le conseguenze esistono solo se si temono.
Un abbandono difficile da metabolizzare per Matteo, protagonista che, ne converrete con me durante la lettura, nella sua fragilità e presunta “zerbinitudine” emotiva sarebbe da prendere a sberle.
Una fragilità ed un senso di impotenza che solo un finale assolutamente non convenzionale ci permetteranno di condividere.
A mio avviso in questo libro c’è tanto dell’autore, forse mi sbaglierò ma è un mettersi a nudo che nella scrittura non tutti hanno il coraggio di fare. Leggetelo, poi ne riparleremo.