Abbandonata all’altare si affida alla Provvidenza
di Gianluca BERNARDINI | sdcmilano.it
Abbandonarsi alla Provvidenza è opera buona. Ne sa qualcosa Rama Burshtein che già qualche anno fa portò a Venezia «La sposa promessa», un vero «colpo di fulmine». Anche questa volta un omaggio al tema, ma in versione di commedia. Così «Un appuntamento per la sposa» riesce a farci riflettere col sorriso sulle labbra. Michal (la bravissima Noa Koller) è un’ebrea ortodossa che ha già superato la trentina. Lasciata praticamente all’altare dal futuro marito, decide di non mollare il suo sogno: se è nei desideri di Dio il prescelto per la data fissata lo troverà. Tra una gag e l’altra (alcune davvero molto divertenti) i preparativi continuano fino al giorno delle nozze, attese come non mai. La regista israeliana ci immerge così nell’universo che lei ben conosce. Di fede ebraica, nonché di tradizione chassidica, ci fa assaporare le sue tradizioni, ma soprattutto le sue convinzioni. Quelle più pure e vere che il nostro mondo super organizzato, calcolatore ed eccessivamente razionale ha in qualche modo messo in mora.
Quello che mette in mostra, dunque, è un vero e proprio inno alla fiducia.
Quella che sa andare anche oltre il muro delle evidenze (non per niente il titolo in inglese è «Through the Wall» – «Attraverso il muro») che qualche volta sembrano impedire l’accesso della «Grazia». Eppure non sta proprio qui il senso della fede? Il suo più autentico significato? È la stessa regista in fondo a ricordarcelo: «Per avere piena fiducia in un’azione, a volte devi dedicare l’anima a quell’azione. Andare in cima al trampolino più alto, chiudere gli occhi e saltare nel vuoto anche se non sei sicura che nella piscina ci sia l’acqua».
Un film perciò non superficiale, tantomeno ingenuo. Il bene vince sempre, in fondo, sul male.
Se lo vogliamo, anche dalle nostre esperienze negative possiamo trarre un tesoro su cui investire.
Occorre crederci e soprattutto non mollare mai l’osso. Perché al di là del buio c’è una luce pronta per illuminare i nostri giorni. Un film senz’altro luminoso, non c’è che dire.