Ratzinger: la tecnica non salverà l’uomo
“Il Credere e il Sapere”.
In fondo ci vogliamo sbarazzare della vecchia fede, il cui contrasto con il sapere moderno la fa diventare un peso opprimente.
Oggi cresce di nuovo l’angoscia che sembrava scomparsa nel momento ottimistico del dopoguerra.
Quando gli uomini posero per la prima volta il piede sulla luna, nessuno poté sottrarsi all’entusiasmo, alla fierezza, alla gioia per la grande impresa che l’essere umano era riuscito a compiere in quel momento. Si accolse l’avvenimento come la vittoria non di una nazione, ma dell’umanità. Tuttavia, nel momento della gioia si intrecciavano i motivi di una profonda tristezza, perché lo stesso uomo che aveva compiuto una tale inaudita impresa non è in grado di impedire che anno dopo anno migliaia e perfino milioni di persone muoiano di fame, perché non è in grado di dare a milioni di esseri umani, suoi fratelli, un’esistenza degna dell’uomo, perché non è in grado di porre fine alla guerra e di arrestare l’ondata crescente di violenza. Il potere tecnico non è necessariamente un potere umanitario; il potere di agire su se stessi sta su un piano del tutto diverso rispetto a quello dell’esecuzione tecnica.
Non c’è assolutamente bisogno che parliamo degli ultimi orrori, delle armi atomiche, delle armi biologiche, delle armi chimiche, anche se la provvista di queste cose terribili non può non rappresentare un potenziale terroristico, capace di agire in qualche modo nella coscienza sotto forma di angoscia nascosta.
Dobbiamo guardare solo alla “città dell’uomo”: una crescente pianificazione significa anche sempre una pianificazione peggiore dell’uomo.
Io penso che le eruzioni che scuotono la nostra società moderna siano anche un’insurrezione inconscia contro la totale pianificazione della nostra esistenza, che produce un senso di soffocamento da cui ci vorremmo difendere, anche se non è possibile. Noi sentiamo sempre più avversa la sorte delle nostre opere: aria, acqua, terra, che sono sempre gli elementi di cui viviamo, minacciano di decomporsi nell’alito velenoso della nostra tecnica; le energie che consumiamo ci appaiono, in ciò che esse lasciano indietro, come le forze capaci un giorno di distruggerci. […]
È stato detto che il nostro secolo sarà caratterizzato da un fenomeno del tutto nuovo: l’incapacità, da parte dell’uomo, di conoscere il Signore. Lo sviluppo sociale e spirituale ha portato alla formazione di un tipo di essere umano al quale ormai manca ogni disposizione alla conoscenza dell’Altissimo. Sia questo vero o falso, dobbiamo però riconoscere che la lontananza di Dio, il buio interiore, il dubbio circa la sua esistenza sono oggi più profondi che mai; anzi, anche noi che tentiamo con fatica di credere spesso abbiamo l’impressione che la sua realtà ci sfugga. Non ci chiediamo forse di frequente: «Dove se ne sta l’Onnipotente in mezzo al silenzio di questo mondo?». Non proviamo sovente la sensazione che al termine di ogni meditazione ci restino soltanto parole, mentre la realtà dell’Essere supremo è più lontana di prima?
Da questa considerazione ne consegue un’altra. Credo che oggi la tentazione cui siamo soggetti noi cristiani non consista tanto nel dubbio teoretico circa l’esistenza di Dio o in quello della sua unità e trinità, e neppure in quello della divinità e umanità di Cristo. Ciò che oggi veramente ci opprime e tenta è piuttosto la constatazione dell’inefficacia del cristianesimo. Dopo duemila anni di storia cristiana non vediamo nulla di ciò che dovrebbe costituire la nuova realtà del mondo, ma troviamo invece gli stessi orrori, angosce e speranze di prima e di sempre.
Come risulta evidente, il mondo della pianificazione e della ricerca, del calcolo esatto e della sperimentazione da solo non basta. In fondo ce ne vogliamo liberare, così come ci vogliamo sbarazzare della vecchia fede, il cui contrasto con il sapere moderno la fa diventare un peso opprimente. Quella, però, non potrebbe essere un peso se non ci sentissimo toccati sul vivo da lei, se non ci fosse qualche cosa che ci impone di cercare oltre.
Il Credere e il Sapere.
Dobbiamo soffermarci sulla strana situazione dell’uomo moderno. Al presente l’esistenza umana è caratterizzata dal disagio non solo nei confronti della fede, ma anche del mondo dominato dalla scienza. Solo descrivendo questa duplice difficoltà è possibile, oggi, fornire una descrizione in qualche modo esatta dei presupposti del problema relativo al credere e al sapere. È questa la stranezza del nostro tempo: proprio nel momento in cui il sistema del pensiero moderno è giunto al suo termine, diventa palese la sua insufficienza, cosicché dobbiamo necessariamente arrenderci alla relativizzazione.
Una raccolta di saggi inediti degli Anni 70 su Il tempo e la storia
Esce il 4 aprile «Il tempo e la storia. Il senso del nostro viaggio» (pp. 180, euro 17) una raccolta di scritti di Joseph Ratzinger inediti in Italia. Sono testi degli anni Settanta, precedenti alla nomina episcopale del Papa emerito che sta per compiere, il prossimo 16 aprile, novant’anni. EDIZIONI PIEMME Spa, Milano
Una meditazione appassionata sulla presenza di Dio nella storia degli uomini
«Mentre tutto passa, Dio è oggi, ieri e domani, contemporaneo a ogni tempo. E noi siamo sue creature, destinate all’eternità.»
Per il fine esegeta Joseph Ratzinger la vicenda umana nel corso dei secoli è Tempo di Salvezza fin dalla creazione del mondo. Dalle origini dell’umanità, attraverso l’avventura del popolo ebraico, la matassa degli eventi buoni e cattivi della Storia ha visto intrecciarsi un filo provvidenziale, che le ha conferito senso, portando a compimento l’incarnazione del Figlio di Dio. Gesù di Nazareth – Alfa e Omega, Principio e Fine di tutte le cose – è la Provvidenza che prevale sul caos, è l’amore di Dio che sostiene l’umanità esortandola a non perdere mai la speranza. Questa raccolta di scritti mai pubblicati in Italia costituisce la sintesi di una riflessione nitida sulle luci e le ombre della modernità: sugli idoli e gli orrori del tempo presente, sul buio interiore di alcune fasi storiche, sull’evoluzione e involuzione delle civiltà, sul confronto sempre aperto fra fede e scienza, sulla scomparsa di quegli “uomini di Dio” che hanno sostenuto in passato la cristianità oggi immersa nella palude dell’indifferentismo religioso. La lunga meditazione è la summa di un percorso teologico e spirituale che ha sostenuto il magistero di Benedetto XVI, oggi papa emerito della Chiesa cattolica. Un percorso affascinante, in cui fedeli e laici sono invitati a diventare lievito buono nella pasta del mondo contemporaneo per riscattare il declino dell’umano che pare oggi inarrestabile.
Fonti: Giuliana Bernardi Literary agent – Traduzione di Anna Maria Foli