“Miriam, sai cos’è la grazia?”, mi chiese Ioseph. “Non di preciso” risposi.
“Non è un’andatura attraente, non è il portamento elevato di certe nostre donne bene in mostra. E’ la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi. Non è femminile, è dote di profeti. E’ un dono e tu l’hai avuto. Chi lo possiede è affrancato da ogni timore. Tu sei piena di grazia. Intorno a te c’è una barriera di grazia, una fortezza. Tu la spargi pure su di me”. (dal libro In nome della madre, di Erri de Luca)
Le donne belle e forti che ho incontrato finora, sono le donne “piene di grazia”. Non graziose e carine, ma proprio piene di grazia e di bellezza, nonostante le difficoltà, le prove, le sofferenze… e anzi, forse anche grazie a queste.
Sono donne che nel silenzio e nella gioia rispondono a una chiamata che le vuole veramente libere e realizzate. Penso a mia mamma, che ha dato tutta se stessa per farmi crescere, che ha accolto altre due vite con amore e ama i suoi tre figli – anche quello che ha potuto solo tenere in grembo per pochi mesi – come la sua vita. Penso a Emanuela, e come lei alle tante giovani ragazze che hanno scoperto un Amore così grande da lasciare tutto per seguire Cristo, perché sarebbe folle rinunciarvi.
Penso a mia nonna, che per tutta la vita ha avuto il sorriso sulle labbra e nel cuore, nonostante la guerra, nonostante le malattie e i lutti che ha vissuto, con una fede grande e l’Ave Maria a scandirle i passi. Penso a Elisabetta, che partirà per la missione, con il suo desiderio di accogliere e dare speranza. Penso a Stefania, al suo lavoro di infermiera vissuto come una vocazione, perché sa che anche solo una parola buona può far brillare gli occhi di chi sta portando una croce che pare sempre troppo pesante per delle membra così fragili.
Penso alle tante donne che non fanno notizia né scioperi, perché hanno solo deciso di sposarsi, di donarsi totalmente ad un’altra persona, di consacrarsi a Dio, di amare il proprio sposo o il proprio fidanzato, di accogliere e di custodire la vita, di fare della propria vita un capolavoro nonostante le mille difficoltà, di essere lievito silenzioso in un mondo che ha un disperato bisogno di bellezza e di rinascita.
E poi penso a me, a quei tre mesi e poco più che mancano al matrimonio, alla scelta – che ogni giorno si rinnova ancora più convinta e più gioiosa – di dire il mio sì. Mi sento più donna, oggi, perché ho imparato a riconoscere quel sogno che mi ha fatto nascere per un incontro, perché mi è stata messa davanti una persona che mi ha fatto sentire desiderata non per un periodo di prova limitato – finché noia non ci separi – , ma per tutta la vita e tutti i giorni della mia vita, perché il per sempre dell’amore è fatto di secondi e di minuti e di ore da non sprecare.
Mi riconosco donna di fronte a un uomo che mi guarda con rispetto, che si lega a me con una promessa di fronte a Dio per diventare veramente libero (è un paradosso, ma è veramente così la logica dell’amore), che riconosce i miei difetti e le mie enormi mancanze, e mi sceglie lo stesso perché sa che c’è Dio a camminare con noi nel nostro giardino.
Sarebbe bello che ogni donna, oggi, avesse qualcuno a ricordarle la sua unicità, la sua bellezza, la sua forza, la sua gratuità. A ringraziarla per il semplice fatto di essere donna, madre, sposa, sorella, figlia, con una vocazione precisa e speciale: creare comunità, donare e accogliere, custodire e amare. Sarebbe bello che ogni donna, oggi stesso, riconoscesse con quanta tenerezza e con quanta attenzione Dio ha ricamato il suo cuore, con il desiderio tutto divino di riempirlo di grazia.
Sara Manzardo