A tutti sarà capitato di vedere, almeno per foto, i bellissimi mosaici di padre Marko Ivan Rupnik e del suo atelier. Per chi non lo conoscesse, padre Rupnik è un sacerdote sloveno gesuita, artista e mosaicista che ha deciso di mettere il suo talento a servizio del Signore, per abbellire chiese e santuari di tutto il mondo con l’antica arte del mosaico e con la sapienza della spiritualità cristiana, come nei primi secoli del Cristianesimo.
Ma cosa c’entrano i mosaici, l’arte, la bellezza, la luce, con la tragedia dimenticata delle foibe e con il dolore straziante del mondo?
Qualche anno fa, è stato chiesto a Padre Rupnik di realizzare un mosaico in Slovenia, nel bosco di Kocevski Rog, famoso per le sue foibe che nascondono ancora migliaia di morti: “Quando mi hanno chiesto di fare questo mosaico in questo bosco, mi sono messo in comunione con questi uccisi, mi sono rivolto a loro, perché sento che l’arte deve dare voce a quelli che non ce l’hanno. Questi caduti sono chicchi di grano, che noi solo alla fine della storia comprenderemo quali germogli hanno generato”. Così racconta il sacerdote in un bellissimo documentario, Il colore dell’Amore.
Più volte, di fronte alle tragedie della storia e alle tragedie del nostro tempo, mi sono chiesta come tutto quel male fosse possibile.
Credo che la fede sia uno dei pochissimi modi che abbiamo – se non l’unico – per guadare oltre il male. È la tragedia del peccato che ci rende incapaci di amare, che ci fa distruggere relazioni, famiglie, vite umane. Mi rendo conto di quanto sia folle e disumano allontanarsi da Dio, rifiutare il suo amore, e mettersi al suo posto.
Ma la fede ci insegna l’arte della speranza, che è quell’atteggiamento realistico di chi ha visto il male e l’ha vissuto in prima persona, ma ha visto anche la bellezza della Trasfigurazione, e sa per certo che ciò che ci aspetta dopo il buio della morte è la Luce.
“Tutto ciò che viene sofferto nel buio perché si ama, nell’altro mondo non è buio ma la luce” dice Rupnik, esattamente come quel disegno nero tracciato con un carboncino, cioè con un pezzo di legno bruciato, insignificante, brutto, che di lì a poco diventerà un mosaico pieno di colori, capace di riflettere la Luce e di lasciarci pieni di meraviglia.
Ecco cosa possiamo insegnare ad un mondo che si scoraggia di fronte al male, che si dispera di fronte alla morte, che chiede vendetta o che spera di trovare l’elisir di lunga vita: se Lazzaro è uscito dal sepolcro e ha guadagnato qualche anno in più di vita, non è quella la resurrezione che ci è stata promessa.
Noi crediamo in un Dio realmente morto sulla Croce dei nostri peccati e delle nostre sofferenze e realmente risorto, un Dio che ha condiviso con l’uomo la sofferenza della malattia, dei massacri, delle guerre, lo stesso Dio che ci ricorda che chi perde la propria vita per causa Sua la ritroverà in pienezza. E che la Vita, quella vera, sarà per sempre e ci farà splendere come tasselli dorati di un mosaico.
La speranza che ci dà la fede è la vera grande arte nella vita, dice padre Rupnik: “è come vedere già nel carbone il diamante, ossia nelle tenebre la luce, dall’angolo più perduto della terra fino all’amore di Dio”. Dalle tenebre fino alla luce. È un’arte da imparare!
Fonte: Sara Manzardo – CORXIII