“Fede” è credere che l’impossibile accadrà, che tutto è possibile a Dio, che in Gesù si è figli amati, chiamati e mandati per essere segno di speranza nel mondo.
“Fede” è fidarsi di Dio e guardare all’uomo con fiducia e carità, cioè mettersi nella prospettiva del Padre misericordioso.
“Fede” è amare la Chiesa e, in essa, essere battezzati e credenti credibili.
Un modello mirabile da seguire sono i Santi della Carità che furono talmente fedeli da diventare “amici di Dio e degli uomini”; donne e uomini capaci di fare sintesi tra fede e vita, tra gioia e impegno, tra sogno e concretezza, tra umanità e santità. Hanno “volato alto”, hanno vissuto con lo sguardo al cielo, i piedi per terra e le braccia pronte al lavoro, offrendo se stessi nel sacrificio eucaristico quotidiano e nel servizio ai poveri fino all’ultimo respiro.
L’appartenenza alla Chiesa, a Movimenti, ad Associazioni non è un privilegio, piuttosto lo è il farsi prossimo nel nome di Cristo da riconoscere nel povero, in chi è solo, nei piccoli, in chi soffre, in famiglia, sul posto di lavoro o di studio, nella comunità, nel condominio, ai crocicchi delle strade, sotto i portici. Si è chiamati ad indossare un abito interiore innanzitutto, a farsi “buona stoffa”. Ogni celebrazione, ogni riunione, ogni attività comunitaria devono essere lo specchio del quotidiano vissuto nell’adesione a Gesù per “essere sale e luce del mondo” e non per un mero compiacimento personale o per dovere.
La “fede” è essenziale, è questo apologo di Bruno Ferrero ci aiuta a guardare questo “Anno della Fede” con gli occhi limpidi dei bambini:
«I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L’erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto. Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non cadeva una vera pioggia. Il parroco del paese organizzò un’ora speciale di preghiera nella piazza davanti alla chiesa per implorare la grazia della pioggia. All’ora stabilita la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena di speranza. Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari. Ma non riusciva a distogliere gli occhi da una bambina seduta compostamente in prima fila. Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso».