Il sogno, la passione e il desiderio… allo specchio
A conclusione di una settimana di consigli di classe e un’altra di incontri scuola-famiglia, finita la giornata, da prof. mi interrogo (deformazione professionale!) allo specchio su come ho messo a frutto le mie competenze, le abilità, le conoscenze, i valori, gli studi, la capacità relazionale, la scommessa sull’educazione.
Dopo avere analizzato con i colleghi, in lungo ed in largo, il gruppo classe ed i singoli alunni, dopo aver colloquiato con i genitori in merito all’andamento scolastico dei figli, sento la necessità di fermarmi e riflettere su me stesso, come uomo e come docente.
Che persona sono stato in questi due mesi?
Quale modello di insegnante ho incarnato negli scorsi sessanta giorni?
Pronto sempre a verificare qualcosa e qualcuno, oralmente o per iscritto, è un po’ strano rivolgermi queste domande; strano, ma necessario per andare avanti.
Nel nostro campo corriamo il rischio di adagiarci sul vivere di rendita, sulla ripetizione di schemi sempre uguali per anni, sul copia-incolla di lezioni e compiti da adattare all’anno scolastico e alle diverse classi, sulle problematiche irrisolte della scuola, sullo stipendio che è poca cosa, sugli studenti che non sono più quelli di una volta.
Già! Visto da questa prospettiva il problema non sono mai io, se c’ero facevo altro, suonata la campanella non è più di mio interesse. Possibile che non vi sia un altro punto di osservazione? Se dinanzi ad uno specchio di casa non ci ritroviamo i più belli del reame (per questo è più facile evitare di fare una revisione della propria vita e professione!), ciò può portare ad una crisi che ci mostra due vie: quella dell’indifferenza e quella riconciliazione.
La prima ci permette di vivacchiare, passare indenni le 18/20 ore in aula, svolgere il minimo indispensabile a casa, lamentarci quanto basta, tenere sott’occhio il conto alla rovescia verso le prime vacanze utili o persino verso l’estate;
la seconda, invece, implica il mettersi in discussione, il confronto con l’altro, il rischio di soffrire un po’, ci inquieta positivamente, stimola la creativa, ci sbatte in faccia i nostri limiti ma senza cattiveria, illumina nuove possibilità a partire da noi stessi. Non sarebbe meglio rimandare il tutto alla fine dell’anno scolastico?
Non è ancora presto per tirare le somme? Gli alibi potremmo trovarli facilmente per allontanare lo specchio da noi: quanti compiti da correggere, le riunioni infinite, il potenziamento, i corsi di aggiornamento, il traffico, la famiglia, la palestra, i vicini di casa, l’animale domestico, ecc. Cosa allora non dovrebbe farci attendere e rimandare? È il ritrovare il sogno su cui abbiamo scommesso anni di studio, dolori e gioie; è la passione con cui ci siamo messi in gioco il primo giorno di insegnamento, il primo mese, il primo anno; è il desiderio di imparare letto almeno un volta negli occhi di anche solo un alunno.