Cracovia: con Zaccheo chiamati alla beatitudine
“Beati misericordes, quoniam ipsi misericordiam consequentur”: il Santo Padre, scegliendo questo passo del Vangelo di San Matteo come tema della GMG 2016, ha aperto il cuore dei giovani riuniti a Cracovia per instillare in loro una sana inquietudine.
Come Cristo alla Samaritana, Papa Francesco ha rivolto un monito forte: “Se tu conoscessi il dono di Dio…”: l’essenza della fede cristiana è la scoperta della paternità misericordiosa del Signore, davanti alla quale non si può essere insensibili. La misericordia di Dio non è un pensiero astratto, una costruzione filosofica, è un incontro tra l’infinitamente Altro e l’uomo, anzi, nel Vangelo proclamato durante la Messa conclusiva della GMG, tra Cristo e Zaccheo.
È significativo che l’evangelista Luca si soffermi su quanto precede l’incontro: Zaccheo è quasi “filmato” nei suoi atteggiamenti, lo possiamo scorgere nella sua brama di vedere il maestro, di cui aveva sentito parlare e dal quale aspettava qualcosa.
Entriamo nel pensiero di questo peccatore pubblico: possiamo ritrovare noi stessi, le nostre paure, le nostre “vergogne paralizzanti”, la nostra “bassa statura spirituale”, il “guazzabuglio del cuore umano” (per utilizzare un’immagine manzoniana efficacissima).
Sicuramente Zaccheo aveva cominciato la sua discesa nell’abisso del peccato, dell’idolatria per il denaro, del piacere senza fine cercando la “divano-felicità”, la comodità delle sicurezze.
Come insegnano i primi monaci d’Oriente, i Padri del deserto, il demonio insidia l’uomo non con le tentazioni più eclatanti, più appariscenti, ma con i vizi meno visibili.
Chissà cosa avrà spinto quest’uomo profondamente segnato dalla morte spirituale e dall’odio pubblico verso l’incontro! L’unica certezza che lo guidava e di cui possiamo avere conoscenza è l’imperativo del Messia: Cristo doveva passare da quel punto.
Come Zaccheo, noi giovani abbiamo risposto ad un imperativo, ad una chiamata che non può essere rimandata: abbiamo creduto all’Amore di Dio e possiamo attestare che a Cracovia c’è stata una nuova primavera dello Spirito. La GMG è stata come il sicomoro su cui è salito il pubblicano, un momento per puntare in alto, per farsi trovare dallo sguardo misericordioso di Colui che ha scelto la via dell’abbassamento per raggiungere il cuore di ognuno.
La felicità per Zaccheo è stata mettersi in cammino verso una dimensione “altra” da sé; se fosse rimasto chiuso nel suo circuito di comodità non avrebbe ricevuto il dono gratuito del perdono e della conversione.
È nel pellegrinaggio la nostra vocazione: come Abramo siamo proiettati alla Terra Promessa e come il profeta Elia siamo chiamati verso il monte Oreb per incontrare il silenzio della Presenza.
San Giovanni, nella sua I Lettera, afferma: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo”: Zaccheo è stato amato per primo, nel momento in cui era malvagio e peccatore, quando era lontano da Dio e, nella sua libertà, ha risposto alla chiamata. È questa la conversione, è questa la misericordia!
Non significa deresponsabilizzarsi, ma avere un orecchio e un occhio attenti alle ispirazioni sante per rispondere prontamente all’invito: “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Nell’attimo in cui Zaccheo scende, egli diviene apostolo di semplicità e di giustizia: quanto non aveva mai pensato di compiere, come donare i propri beni ai poveri o risarcire il quadruplo di quanto rubato, ora diventa virtù naturale.
Ognuno di noi, dunque, può dire di aver sperimentato la forza dell’incontro con il Signore; l’intuizione di San Giovanni Paolo II ha trovato un compimento di misericordia nella terra-martire della Polonia; ora comincia la GMG del quotidiano, testimoniando che il ricordo di Dio è la nostra speranza per continuare in ogni momento il nostro pellegrinaggio verso la Gerusalemme del cielo.