“Mi ha fatto nera” con la sua speranza
“Intestardito e in rotta con se stesso, Amir continua a fissare quella benedetta parola coi suoi occhi vivaci. Ha deciso che deve imparare l’italiano, e guai a chi gli dice che è difficile. Sa benissimo che lo è, ma non intende lasciarsi scoraggiare”.
Sono le parole di Sabrina, quinto anno del liceo scientifico “Don Bosco” di Catania, che con la sua classe per un giorno si è dedicata a fare scuola di italiano e attività sportive presso il centro di accoglienza per minori migranti non accompagnati che il “mondo salesiano” cura alla Colonia Don Bosco.
“Amir è arrivato quest’inverno al “Don Bosco Island” – continua Sabrina – e, come lui, altri 59 ragazzi che hanno fatto un viaggio incredibile che neanche osano raccontare. Non parlano del lavoro barattato con vitto e alloggio, della traversata nel deserto e poi in mare, oppure del viaggio involontario, forzato dai trafficanti in merce umana. Evitano patetismi in una miscela di forza e dignità”.
La vera “scuola” è il confronto sulla vita
Tra un esercizio e l’altro la vera “scuola” è il confronto sulla vita, sui sogni, sui progetti: Amir parla correntemente francese e inglese, e le chiede se per caso non esista la facoltà di Economia in lingua; nel suo Paese aveva la media del nove in matematica e la carriera finanziaria gli piace parecchio. Con il giusto tempo per studiare e coi fondi della solidarietà salesiana, riuscirà ad arrivare a laurearsi a Roma.
Poi la meta è l’Africa, è lì il senso di tutto: salvare la famiglia, restituirle, se non quella politica, l’indipendenza economica. Tra coloro che hanno condiviso il momento sportivo, Mario dice: “Ho notato, passando del tempo con questi ragazzi, che tutti sorridevano sempre. Non credo solo perché stessimo giocando con un pallone, ma perché consapevoli di essere tutti insieme e sotto uno stesso tetto, dimenticando per un po’ quello che avevano passato prima di arrivare in Italia e capendo che almeno per il momento sono protetti ed aiutati da tutte le persone della struttura salesiana. Un sorriso che fa trasparire una speranza nei cuori per il futuro”. Incontrando questi coetanei e riflettendo dopo sull’esperienza come classe, qualcuno degli studenti italiani ha affermato: “La verità è che noi abbiamo tutto, mentre loro non hanno niente”.
Ma non tutti sono d’accordo e tra questi Paola che, in modo deciso, è intervenuta: “Come facciamo a dire che non hanno nulla? Abbiamo guardato bene i loro volti, letto i lori occhi? Siamo noi, amici miei, a non avere nulla: siamo noi a dover imparare da loro… a capire che “tutto” non è il poterci svegliare in un letto a castello IKEA, ma il semplice “poterci svegliare”, il poter dire “anche oggi posso vivere la mia vita”. Siamo noi a dover capire che loro hanno tanto da insegnarci e ben poco da invidiarci. Loro che sanno cos’è il genuino rispetto, cos’è la vera fatica. Ci hanno fatto vedere, forse per la prima volta, la grandezza di un vero sorriso”.
Marco Pappalardo vinonuovo.it
Illustrazione tratta dal sito di di Rossella Guadagno