Scommettere la vita e non sulla vita
La vita può essere considerata un bel gioco, ma non si deve giocare con la vita, propria ed altrui!
Eppure, capita spesso di mischiare le due cose e ciò che all’inizio sembra un divertimento innocuo, dopo si trasforma in una tragedia.
È il caso del gioco d’azzardo che chiamiamo “gioco” per intenderci, seppur dello spirito vero di un gioco non ha proprio nulla o forse solo l’apparenza. Sì, quell’apparenza che inganna troppe volte come la ruota della fortuna che, si spera, prima o poi, giri pure dalla nostra parte. Tutto ruota e con occhi fissi c’è chi resta per ore, a tutte le ore, in attesa del proprio numero fortunato, della combinazione giusta, dell’uscita dei numeri sognati o “smorfiati”, della carta vincente, del “gratta e vinci” che cambierà la vita senza rendersi conto che in peggio è già cambiata.
Così la vita più che un gioco piacevole diventa una roulette russa in cui la prima volta riesci pure a salvarti, finché non arriverà la pallottola per te; in fondo, sei morto già quando è morto quello che ti precedeva, di una morte, psicologica o morale, che anticipa quella fisica e spesso è peggiore, perché ti coglie da solo o da sola, essendosi autoprivati di tutti gli affetti trasformati in monetine da slot machine. Si è vivi a metà, quasi zombie, su quello sgabello fissato davanti alle luci dello schermo, con quei centesimi in mano per togliere una patina argentata che finisce in polvere come la speranza di vincere, aspettando tra nuvole di fumo attivo e passivo ai tavoli di un bingo qualunque. Si è soli pur circondati da tanti inquella sala da gioco, pronti a tutto, persino a perdere, perché – lo dicono gli studi di statistica e sulla probabilità – le vittorie possibili e quelle reali sono in partenza pochissime rispetto alle giocate. Si è soli, poiché la famiglia l’hai lasciata a casa ignara o anche consapevole che il patrimonio finirà, che ci si indebiterà, magari giocandosi l’auto e l’abitazione. Ancora una volta, solo un’altra puntata, un’ultima schedina…quante parole dette e ridette a se stesse e ai parenti, quante promesse non rispettate e rapporti incrinati!
“Gratta e vinci” o meglio “gratta e perdi”,
perché sappiamo bene che le vittorie sono pochissime e non possono fare testo vincite da 1,2,5 euro a fronte di investimenti in biglietti di 10 e 20 euro prima di arrivare ad un risultato positivo.
E lo Stato che fa?
Ci guadagna ampiamente e i politici fanno guadagnare gli amici che gestiscono il sistema, privati o del monopolio. E la società civile dov’è? Solo qualche quotidiano nazionale fa costanti campagne contro, almeno qualche associazione cerca di aiutare chi è caduto nel baratro, ormai è persino necessario l’intervento medico in tanti casi, ci sono istituzioni e realtà private aperte al pubblico che hanno detto chiaramente “no” all’azzardo con coraggio e sapendo di perdere risorse economiche. Non si vince mai facile in questo mondo di luci ingannevoli; la vera vittoria è ritrovare se stessi, l’affetto dei propri cari, amicizie vere e sincere, il coraggio di lottare contro la tentazione dell’azzardo per se stessi e contro l’azzardo per gli altri.
Si tratta di puntare sul meglio di noi e dell’umanità investendo in opportunità lavorative, nel sostegno per le fasce più deboli, nella prevenzione, nella giustizia.
Il problema non consiste nel giocare ogni tanto, bensì nell’essere consapevoli che, mentre scommettiamo dei soldi, questi potrebbero servire invece per fare del bene. Folle, rivoluzionario, banale, buonismo? No, solo buon senso, condivisione e solidarietà!
Marco Pappalardo