Bisogna dir molto… tacendo.
San Francesco di Sales
La Comunità Cristiana, che per sua natura è chiamata ad essere Comunità Educante,
ha il grande compito di dare il primato all’esperienza piuttosto che ai principi.
Essi sono importanti e non vanno tralasciati,
ma sicuramente diventano più attraenti e credibili
se riusciamo a comunicarli con la vita.
C’è un potenziale educativo della comunità cristiana che va assolutamente recuperato. Bisogna perciò sconfiggere quegli atteggiamenti pessimistici che spesso sono alla base di quella che da anni viene definita come «la crisi della vocazione a diventare educatori». Paola Ricci Sindoni, docente di Filosofia morale all’Università di Messina, già lo aveva evidenziato in un libro pubblicato da Laterza nell’ormai lontano 2009 intitolato “La sfida educativa” curato dalla CEI.
Questo monito resta attuale più che mai e in ragione del fatto che avendo in sé tale potenziale, la Comunità cristiana si può definire una Comunità educante in divenire. Nella sua analisi la dottoressa Ricci Sindoni esortava a non disperdere tale potenziale, anche perché l’azione educativa che si svolge nelle parrocchie, negli oratori, nei percorsi formativi di gruppi, associazioni e movimenti ha caratteristiche peculiari che difficilmente si trovano in altre agenzie educative.
Infatti la comunità cristiana diventa comunità educante perché impara ad essere luogo dove ci si abitua a porsi le domande fondamentali sull’esistenza, ad ascoltare gli altri a dar loro degli orientamenti per la vita.
In essa si impara uno stile di vita attraverso esperienze concrete trasformandosi in una vera e propria palestra di responsabilità e di crescita dei giovani verso i valori fondamentali. La compresenza di generazioni diverse: il bambino, il ragazzo, l’adolescente, il giovane offre la concreta possibilità di crescere ancora tutti insieme.
Da quella attenta riflessione ben descritta nelle pagine del testo citato fino ad arrivare alla situazione odierna sono passati alcuni anni. Libri, articoli, convegni, documenti, pubblicazione di vario genere hanno fornito ampi materiali e contenuti alle comunità educanti per “rimboccarsi le maniche” e diventare “esperti” in quell’arte che Don Bosco diceva essere “cosa di cuore”.
Resta certa una convinzione, allora come adesso e come sempre: Peculiarità e finalità della comunità educante e di tutta la comunità cristiana è l’Annuncio. Testimoniare cioè con le parole e, ancor più con i gesti, la Bella Notizia dell’Amore di Dio per ogni uomo.
Il Vangelo e il suo annuncio non possono essere dissociati dalla causa dell’uomo: per questo la promozione umana, la solidarietà, l’aiuto ai più poveri si sono sempre accompagnati all’evangelizzazione, nella consapevolezza che non si può proclamare che Dio ama l’uomo e poi non darsi da fare perché le condizioni concrete di esso siano dignitose, all’altezza dell’immagine con cui l’uomo è stato creato.
Ecco perché la comunità educante è il luogo e la condizione dove insegnare, cioè tracciare un segno dell’amore di Dio nel cuore degli uomini che ancora ignorano tale amore. In questo senso prende forma l’opera di misericordia: insegnare agli ignoranti.
La Chiesa ha preso sul serio la parola del Vangelo di Matteo: «ho avuto fame […], ho avuto sete […], ero forestiero […], ero carcerato […]». Sono state create così iniziative di ogni genere, attraverso cui la Chiesa ha voluto mostrare nel tempo il cuore compassionevole di Dio non solo all’uomo che soffre e che ha bisogno di essere sostenuto nel portare i drammi della vita, ma alla persona che cresce, all’uomo che deve scoprire con gioia la bellezza della vita e deve assumerla con responsabilità. Di qui il naturale farsi carico da parte della comunità educante del compito di sensibilizzare le nuove generazione ad una generosa attenzione all’uomo. Dando contenuti e significati.
Ai contenuti e ai significati però è necessario dare esperienza: la vita, da sempre, parla più delle parole. A tal proposito ci sembra indicata la frase asciutta ed efficace di San Francesco di Sales capace di ricordare quanto un silenzio fecondo di buone opere educhi e faccia crescere la vita intorno a noi.
I contenuti sono importanti e non vanno assolutamente tralasciati, ma sicuramente diventano più attraenti e credibili se riusciamo a comunicarli con la vita. Compito e ancor più vocazione della comunità educante è garantire il tempo e il luogo per formarsi e per formare educatori appassionati; sempre più preparati ad affrontare le sfide educative in un mondo che, si sa, cambia velocemente.
Concludiamo come abbiamo iniziato, con la Dottoressa Ricci Sindoni che dice una cosa attualissima, quasi da “veggente”: «Educare è desiderare, osare, avere il coraggio di guardare fuori di sé». Quando ha scritto queste parole Bergoglio era ancora uno sconosciuto cardinale argentino e neanche si parlava di Chiesa “in uscita”. Eppure all’educazione si richiede questo coraggio, questa forza. La sola capace di incontrare e far incontrare la Gioia del Vangelo a chi ancora la ignora.