“Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”
«Qualche tempo fa quando un gelato costava molto meno di oggi, un bambino di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino.
Una cameriera intanto gli portò un bicchiere d’acqua. “Quanto costa un cono con la panna?”, chiese il bambino.
“1,50 euro”, rispose la cameriera. Il bambino prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle. “Bene, quanto costa un gelato semplice?”.
In quel momento c’erano altre persone che aspettavano e la ragazza cominciava un po’ a perdere la pazienza. “1 euro!”, gli rispose la ragazza in maniera brusca. Il bambino contò le monete ancora una volta e disse: “Allora mi porti un gelato semplice!”.
La cameriera gli portò il gelato e il conto. Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì. Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo cominciò a piangere perché lì, ad un angolo del piatto, c’erano 50 centesimi di mancia per lei. Il bambino non chiese il gelato con la panna per riservare la mancia alla cameriera».
Comincio così una lezione, qualche giorno fa, sul tema del Giubileo della Misericordia e chiedo alla classe una parola a caldo sulla storiella appena ascoltata; e in aula, dopo il classico minuto di silenzio, il ghiaccio si rompe, le parole arrivano una dopo l’altra e qualche volta sopra l’altra, che riporto sulla lavagna: “bontà”, “povertà”, “semplicità”, “arroganza”, “pregiudizio”, “amore”, “pace”, “cuore”, “perdono”, “amicizia”, “umiltà”, “generosità”. «Bene! Ed ora ditemi cosa avreste fatto al posto del bambino? Vi è mai capitato di agire in modo simile o di essere stati destinatari di un tale gesto?».
«Prof. – dice Simone – queste cose accadono solo nelle storie che lei ci racconta, ma perché a me non succedono mai?».
Sentendomi chiamato in causa e pronto a rispondere, vengo anticipato da Carla: «Simone, scusami, ma tu hai mai fatto qualcosa perché accadessero anche a te? Non dobbiamo per forza essere la cameriera che riceve la mancia, non possiamo essere invece più facilmente il bambino?». Invito, allora, a provare a raccontare qualche evento reale che potesse ricordare la storiella. Così Enrico narra di quando, finita l’ora di doposcuola con i bambini di un quartiere difficile, due di loro lo chiamarono e gli regalarono un disegno in cui c’era scritto “grazie”.
Sara non potrà mai dimenticare il gesto di un’amica che non andò ad una festa tanto attesa per farle compagnia in ospedale.
Michele ripensa a tutte le volte che suo fratello lo ha portato in giro con l’auto nonostante lui non gli abbia mai dato niente in cambio.
Marta, con qualche lacrima, parla del nonno che è morto all’improvviso, una persona che per lei ha fatto tutto ma che non ha potuto ringraziare come meritava.
Cristian, l’intellettuale del gruppo, rispolvera la citazione manzoniana “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”, ma viene interrotto subito: «Già, la misericordia! – esclama Nadia – ma non doveva essere su questo la lezione di oggi, Prof.? Invece noi abbiamo parlato di generosità, di fraternità, di amore, di amicizia, di gratitudine, di perdono e persino attraverso questi piccoli esempi quotidiani».
Poi, fa un attimo di silenzio, una compagna le indica la lavagna con le parole scritte all’inizio, le guarda, sorride e aggiunge: «Ops! Scusate, mi sa che abbiamo proprio parlato di misericordia!».
Marco Pappalardo