Articolo liberamente tratto da un testo di Mario Adinolfi
La prima reazione all’agire di Papa Francesco può essere anche di sconcerto.
Il lavoro che sta conducendo Papa Francesco per portare la Chiesa unita ai grandi appuntamenti del 2015, il Sinodo sulla famiglia e l’Anno Santo straordinario della Misericordia, non passa inosservato: la decisione di consentire a tutti i sacerdoti di perdonare chi ha abortito o procurato aborti, la benedizione alla ragazza madre incinta di un figlio concepito fuori dal matrimonio, i due “motu proprio” con cui si è reso più agevole il percorso per arrivare alla nullità del matrimonio, sono scelte troppo evidenti, troppo comunicativamente forti, troppo ravvicinate anche temporalmente che fanno parte di un progetto consapevole di natura pastorale che Papa Francesco sta elaborando e portando avanti.
La prima reazione a tutto questo può essere anche di sconcerto.
Bruno Mastroianni, portavoce dell’Opus Dei, ha scritto sui social network: “Vi siete resi conto tutti che questa cosa dell’assoluzione da parte di ogni prete del peccato di aborto è una cosa grossa?”. Poi è arrivata anche la vicenda profughi, il richiamo di Papa Francesco ai Vescovi d’Europa affinché ogni diocesi, parrocchia, monastero diventasse luogo di accoglienza per i rifugiati.
L’inclusione
La fotografia pastorale del pontificato di Francesco è diventata estremamente nitida, caratterizzabile con una sola parola: inclusione.
La Chiesa di Francesco è la Chiesa del riformare senza rinnegare, è pienamente dentro la tradizione dottrinale ma dal punto di vista pastorale ha un evidente elemento di innovazione. Il Papa si rivolge a persone che la vita porta inevitabilmente ai margini della Chiesa: divorziati, divorziati risposati, donne che hanno abortito, procuratori di aborti, omosessuali, transessuali, migranti anche di religioni apertamente ostili al cattolicesimo romano, ragazze madri, figli nati fuori dal matrimonio. Lo sforzo da buon pastore di Francesco è inclusivo ed è lasciare le novantanove pecore per la ricerca della pecora persa “finché non la ritrova”.
Il pentimento
C’è una parola che però la lettura corrente spesso dimentica nella narrazione della pastorale di Francesco ed è “pentimento”.
Il Papa non propone una Chiesa inclusiva a tutti i costi, a prescindere dall’atteggiamento dei singoli. La proposta di Papa Francesco è una Chiesa materna, accogliente, solo a patto del riconoscimento del peccato compiuto. La frase è sempre la più nota di questo pontificato e non è “chi sono io per giudicare?”, ma “chi sono io per giudicare un omosessuale che cerca Dio?”.
La ricerca di Dio
E’ nella ritrovata passione per la ricerca di Dio la chiave della salvezza dell’uomo contemporaneo e Papa Francesco lavora incessantemente per riattizzare questa passione, rimuovendo gli ostacoli all’incontro possibile tra la persona e Cristo. Questa è la chiave della sua invocazione continua di misericordia, è il messaggio di Gesù all’adultera: “Va e non peccare più”. Che non è il “va e fa come ti pare” che vuol far credere la vulgata corrente.
L’idea di Libertà
Francesco non sta proponendo un’idea di libertà che subisce le mode del mondo e considera dunque legittimo ogni comportamento, lavandolo alla fonte di una generica e indistinta misericordia tutta e solo umana. La proposta è quella di far bere all’uomo assetato contemporaneo l’acqua dell’incontro con Cristo, generando desiderio di verità e rimuovendo gli ostacoli più moralisti, perché la Chiesa non è mai stata moralista.
La sfida è enorme
Questo Papa peraltro riafferma con grande insistenza il ruolo del magistero petrino, del Successore di Pietro, assumendosi responsabilità in termini personali che risuonano molto forti nei documenti che hanno apportato queste che certamente sono innovazioni pastorali, non dottrinali. E’ una Chiesa insomma più forte, non più debole, quella che propone al mondo l’incontro con la Verità e la lotta contro il male e il peccato.
A noi, anche a noi ultimi tra i peccatori, il compito di essere umili testimoni di quel che sta accadendo, comunicandone la forza, che alcuni interpretano per debolezza o accondiscendenza. Tutto il contrario della misericordia.
Articolo liberamente tratto da un testi di Mario Adinolfi