“Gli esami non finiscono mai” amiamo dire in diverse occasioni oppure che “tutta la vita è un continuo esame”!
Ma, scolasticamente parlando, se un assaggio è quello posto alla fine dei tre anni delle vecchie scuole medie, il pezzo forte, il vero inizio, lo si vive solamente con gli Esami di Stato.
E ormai ci siamo: docenti in commissione a destinazione e genitori certamente in ansia che ripetono “è come se li facessi io gli esami nuovamente”.
E ormai ci sono: studenti pronti e sicuri, studenti spaventati e poco preparati, studenti che si affidano alla fortuna o a qualche santo, studenti che non vedono l’ora di finire prima di iniziare, studenti da “notte prima degli esami”.
Sì, studenti, ma soprattutto persone! Infatti non è la scuola-istituzione a fare l’esame, non sono le famiglie a sedersi in quei banchi, non sono i professori che li hanno accompagnati o seguiti per anni, non è il Ministro dell’Istruzione né il Presidente del Consiglio, non sono i decreti e neppure le leggi.
Da docenti è bene ricordare
- che per il 98% si tratta di ragazzi che affrontano una grande prova per la prima volta e, come tutte le novità, non è per niente facile;
- che non è e non può essere un esame perfetto per nessuno, neanche per chi ha avuto ottimi voti negli anni scolastici, poiché il contesto è diverso e l’emozione fa strani scherzi;
- che non è uno scontro o una gara tra commissari esterni ed interni – non ci sono i buoni e i cattivi – ma si è in commissione per permettere ai giovani di mostrare il meglio, ciascuno secondo le proprie possibilità e capacità;
- che ognuno di loro si aspetta di trovare di fronte educatori oltre che docenti, cioè adulti significativi che non dimenticheranno mai per il bene e per il male ricevuti;
- che in questi giorni non si è in un’aula di tribunale in cui il presidente è il giudice supremo, gli esterni i pubblici ministeri, gli interni invece gli avvocati difensori e i maturandi i colpevoli in partenza.
E gli studenti sono senza responsabilità? Tutt’altro! Devono dimostrare
- che questo esame può ancora essere chiamato di “maturità” con atteggiamenti equilibrati e scelte sapienti;
- che ogni prova da affrontare è occasione di crescita e richiede concentrazione;
- che non c’è spazio per la superficialità e la banalità, il sotterfugio e le inutili furbizie;
- che i docenti sono alleati leali e non nemici da temere;
- che dare il meglio di se stessi autonomamente è superiore all’uso di facilitazioni sottobanco;
- che l’affermazione positiva e il successo personale non possono andare a scapito dei compagni di una vita.
Inizia, dunque, una bella avventura di studio, che fra 10 e 20 anni sarà celebrata con le rimpatriate della “Classe 2015”; attesa e temuta, è certamente da affrontare con la serietà dello scienziato, con l’ironia del saggio, con la leggerezza dell’acrobata, con la creatività dell’artista, con la capacità di sognare di un bambino, con la speranza del contadino, con la progettualità di chi è innamorato, con la cura di chi custodisce un tesoro.
Marco Pappalardo